Lo sport riesce a muove passioni e interessi. Nel bene e nel male bisogna fare i conti con la sua dimensione intima e sociale. Se i mondiali Fifa 2014 dividono il Brasile, lo sport popolare è in grado di unire tutti.
Sport, arti e cultura: questo è il “Mediterraneo Antirazzista”, tornato a Roma e per la terza volta consecutiva a Napoli nell’ultimo fine settimana di Maggio – le prossime date sono Genava (31 Maggio e 1 Giugno) e Palermo (dal dal 12 al 15 Giugno) – offrendo una grande occasione di incontro e confronto per “abbattere frontiere e costruire diritti” tra mini-tornei di street soccer, gare di velocità, proiezioni del video, musica, pittura, box e tanto altro. Nata nel giugno del 2008 a Palermo, dove si è svolta la prima edizione organizzata da un gruppo di operatori sociali che ancora oggi operano sul territorio, la manifestazione punta da sempre a promuovere l’intercultura della società e abbattere le barriere del razzismo e del degrado prodotto dalle periferie. La scelta dei luoghi per le attività del “Mediterraneo Antirazzista”, dallo Zen di Palermo a Molassana di Genova, non è casuale e racconta di esperienze di base realizzate da cittadini ed associazioni volte al recupero degli spazi pubblici urbani, molto spesso abbandonati dalle istituzioni e trasformati dalla volontà dei sengoli gruppi e cittadini attivi sul territorio in luoghi di cultura, di laboratori creativi e aperti a tutti. A Napoli le manifestazioni si è svolta tra Scampìa ed il centro storico della città. Una parata di strada tra musica e colori ha dato il via alla kermesse da Piazza Giovanni Paolo II fino ai campi dove si svolti i tornei coinvolgendo l’ArciScampia, lo Stadio Comunale di via Hugo Pratt e il Parco Corto Maltese. La giornata conclusiva si è svolta nel Centro storico della città, in piazza San Giovanni Maggiore Pignatelli, con il concerto dei Funky Pushertz.
Le giornate napoletane sono state dedicata a Ciro Esposito ed altri ragazzi coinvolti nel violento agguato prima della finale di Coppa Italia 2014 a Roma, in quanto gli organizzatori intendono diffondere un messaggio a sostegno di uno sport sano e non violento. La passione per lo sport, attraverso il tifo, lega in maniera quasi illogica persone a un fine comune e contemporaneamente separa e divide il mondo, influenzando economie di persone, società ed interi paesi. Come in Brasile dove la protesta corre di pari passo con i preparativi al debutto della coppa del mondo di calcio. Lo show-vetrina viene messo al sicuro dalla presidentessa Dilma Rousseff, la quale conferma la sua volontà ad assicurare un regolare svolgimento della manifestazione. Non si tratta più di un singolo evento sportivo, ma è in gioco l’interesse politico e il ritorno di immagine di un paese ancora nella fase iniziale della sua straordinaria crescita economica. El Dorado dei costruttori di stadi ospiterà tra due anni anche i giochi olimpici, mentre si allarga la protesta per la corruzione e agli abusi edilizi da parte della di quella parte della popolazione che marca l’accento sulla mancanza da una sanità pubblica adeguata e sull’adeguamento degli apparati legati all’istruzione pubblica. Anche la Fifa dimostra dura nei confronto delle proteste e si aggiunge al dissenso generale l’emblematica figura di José Maria Marin, contemporaneamente presidente del comitato organizzatore e della Federazione nazionale brasiliana. Oltre alla novità proposta dalla doppia carica, mai in nessun altra edizione della coppa del mondo le due figure venivano ricoperte dalla stessa persona, Marin è un personaggio politico dal passato compromesso dal rapporto con il partito che sosteneva il regime militare durante gli anni della dittatura.
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