Gli ultimi studi sulla superimmunità al Covid 19 condotti dagli scienziati della Rockefeller University di New York City
Quanto dura l’immunità al Covid per chi ha contratto la malattia e quanto quella acquisita con il vaccino? Non è possibile ancora dare risposte precise a queste domande e mentre in Italia si stanno inoculando le terze dosi di vaccino, ci interroghiamo sulla superimmunità al Covid 19. Una chimera? Un traguardo possibile secondo gli studiosi della Rockefeller University di New York City anche se restano ancora dei punti da chiarire.
Iniziamo col dire che cos’è la superimmunità al Covid. Parliamo di un’immunità particolarmente potente contro tutte le possibili varianti di Sars-Cov 2. Il concetto di superimmunità è nato grazie a un team di studiosi della Rockefeller University di New York City prima ancora della diffusione delle varianti oggi in circolazione. Gli scienziati hanno creato diverse versioni di una proteina chiave del Covid in grado di superare le barriere poste dagli anticorpi. La mutazione era stata creata per comprendere quali parti della proteina fossero prese più di mira quando
l’organismo sviluppa la reazione anticorpale. II risultato di questi esperimenti, pubblicato lo scorso settembre sulla rivista “Nature”, è che la versione mutata del virus (contenente 20 mutazioni) riusciva a neutralizzare gli anticorpi presenti nell’organismo ma non in tutti. Riusciva, cioè, a neutralizzare gli anticorpi prodotti da quanti si erano vaccinati o immunizzati dopo essere guariti dalla malattia. I soggetti che invece erano guariti dalla malattia e che si erano anche vaccinati presentavano anticorpi in grado di neutralizzare il virus mutato.
A cosa è dovuta questa potenza? Probabilmente, come dicono gli studiosi, dalla combinazione tra anticorpi da vaccinazione e quelli prodotti dalle cellule B che possiedono una memoria. In sintesi: quando un organismo contrae una malattia e ne sviluppa gli anticorpi, questi mantengono una memoria della risposta anticorpale nelle cellule B. Con la vaccinazione nei soggetti guariti dal Covid, gli anticorpi prodotti dal vaccino hanno potenziato quelli prodotti dalle cellule B rendendoli più efficaci contro le varianti del virus. Chi ha conseguito la superimmunità, detta anche immunità ibrida, è capace di contrastare qualunque variante del virus, presente e futura.
Le ipotesi sviluppate sull’immunità ibrida devono essere ancora confermate da ulteriori studi, tanto che gli stessi studiosi la definiscono “uno dei più grandi enigmi della pandemia”. Tuttavia, questi nuovi risultati possono essere utilizzati per indirizzare in maniera più funzionale le campagne vaccinali in atto. Secondo l’immunologo dell’Istituto Necker di Parigi, Matthieu Mahévas, infatti, la terza dose di vaccino potrebbe aiutare coloro che non sono stati contagiati a raggiungere l’immunità ibrida. Il team di ricercatori dell’Università di Montreal, in Canada, guidato dal virologo Andrés Finzi, ha evidenziato, infine, che allungare l’intervallo temporale tra una dose e l’altra può indurre una superimmunità.
In copertina foto di fernando zhiminaicela da Pixabay
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