(Adnkronos) – Il 58enne Kenneth Eugene Smith, rinchiuso dal 1996 nel braccio della morte di un carcere in Alabama, rischia di passare alla storia come il primo condannato negli Stati Uniti – e nel mondo, secondo la denuncia del Death Penalty Information Center – a essere giustiziato con l’azoto. La Corte Suprema degli Stati Uniti, dopo la Corte d’appello, ha respinto il tentativo di bloccare quella che i legali del detenuto definiscono una punizione “inusuale e crudele”. L’esecuzione dovrà avvenire entro trenta ore a partire dalle 7 di oggi ora italiana. Il ricorso all’azoto potrebbe causare al condannato – riconosciuto colpevole nel 1989 dell’omicidio di una donna, Elisabeth Sennett – sofferenze aggiuntive, argomentano i legali di Smith, che ieri sera hanno annunciato alla Bbc l’intenzione di presentare un altro appello alla Corte Suprema della nazione nella speranza di un ripensamento dell’ultimo minuto.
L’Onu parla di pratica equivalente a tortura
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha parlato di pratica potenzialmente equivalente a tortura o altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, e ha chiesto di fermare l’esecuzione. L’inalazione di azoto puro causa il collasso delle cellule e porta alla morte. In un documento depositato in tribunale le autorità dell’Alabama hanno dichiarato che il condannato dovrebbe perdere conoscenza in pochi secondi e morire nel giro di pochi minuti. Ma il ricorso all’azoto è stato denunciato dai medici, secondo cui esiste il rischio di una serie di incidenti catastrofici, dalle convulsioni violente alla sopravvivenza in stato vegetativo. L’Alabama e altri due Stati americani hanno approvato il ricorso all’ipossia da azoto come metodo alternativo alle iniezioni perché i farmaci utilizzati nelle iniezioni letali sono diventati più difficili da trovare.
L’Alabama aveva già tentato di giustiziare Smith con un’iniezione letale due anni fa, ma all’atto dell’esecuzione non era stato possibile individuare una vena adatta all’inoculazione dei farmaci nei tempi prescritti. Smith è stato uno dei due condannati per l’omicidio della 45enne Sennett, realizzato su commissione, per mille dollari, nel marzo 1988, e organizzato dal marito della vittima, un predicatore oberato dai debiti che voleva incassare i soldi dell’assicurazione e che si uccise prima di essere arrestato.
La donna morì dopo essere stata picchiata con un attrezzo da camino e pugnalata al petto e al collo. I due omicidi inscenarono un finto furto con scasso in casa della vittima. L’esecuzione dell’altro sicario, John Forrest Parker, è avvenuta nel 2010. Gli avvocati di Smith hanno presentato un ricorso alla Corte Suprema dello Stato, sostenendo che sottoporre i condannati a più tentativi di esecuzione rappresenta una violazione dell’ottavo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che tutela da punizioni “crudeli e inusuali”. Ieri i giudici hanno respinto l’appello.
Cosa dicono i legali del condannato
Nessun giudice ha dissentito pubblicamente dalla sentenza. Smith aveva anche fatto ricorso separatamente alla Corte d’Appello, dove aveva contestato la legalità del protocollo sull’azoto dell’Alabama. La corte ha però respinto la richiesta di ingiunzione del detenuto. Il team legale del condannato fa presente tra l’altro che il metodo dell’azoto è “stato introdotto di recente, non testato”, e rischia tra le altre cose di provocare un soffocamento da vomito. Ma per il procuratore generale dello Stato dell’Alabama, Steve Marshall, si tratterebbe “forse del metodo di esecuzione più umano mai concepito”.
Un rischio potenziale è presente – in caso di fuoriuscita di gas – anche per il consigliere spirituale di Smith, il reverendo Jeff Hood, che sarà nella stanza quando avverrà l’esecuzione. Hood ha già detto che preferirebbe rischiare la vita piuttosto che rinunciare ad assistere Smith. L’Alabama ha uno dei più alti tassi di esecuzioni pro capite negli Stati Uniti e ha 165 persone attualmente nel braccio della morte. Dal 2018, lo Stato è stato responsabile di tre tentativi falliti di iniezione letale in cui i detenuti condannati sono sopravvissuti. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)