Il consumo di antibiotici è in crescita, e con esso aumenta anche la resistenza a questi medicinali. Si registrano incrementi fino al 40% nei mesi invernali, un dato che suggerisce un utilizzo scorretto contro virus influenzali e simili, sui quali gli antibiotici non hanno effetto. Quasi la metà degli anziani ne fa uso almeno una volta all’anno, con percentuali che superano il 60% nelle regioni meridionali. Questi sono alcuni dei dati emersi dal rapporto Aifa del 2023 sull’uso degli antibiotici, che evidenziano quanto resti ancora da fare per contrastare la silenziosa diffusione di batteri sempre più difficili da trattare con i farmaci.
I dati sul consumo di antibiotici in Italia
Il rapporto, presentato a Roma, si inserisce in un approccio One Health e segue le linee del Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza. Oltre a un’analisi approfondita dell’uso di antibiotici nell’uomo, offre un paragone con i consumi in ambito veterinario e studia le correlazioni tra l’impiego di questi farmaci e lo sviluppo di resistenze.
Secondo il documento, nel 2023 il consumo totale di antibiotici sistemici, sia nel settore pubblico che privato, ha raggiunto 22,4 dosi giornaliere medie ogni mille abitanti, segnando un incremento del 5,4% rispetto al 2022. L’aumento è ancora più marcato (+6,3%) se si considerano solo gli antibiotici distribuiti a livello territoriale. Si tratta di una tendenza opposta rispetto alla riduzione registrata negli anni precedenti: -14,4% tra il 2013 e il 2019, -23,6% tra il 2019 e il 2020 e -4% nel 2021.
L’uso della tipologia dei non sistemici
Anche l’uso di antibiotici non sistemici, cioè per applicazioni locali, pari a 28 dosi giornaliere medie ogni mille abitanti, è cresciuto del 4,3% rispetto al 2022. Se da un lato i numeri indicano un’inversione di tendenza negativa, dall’altro la situazione non migliora sul piano qualitativo: parallelamente all’aumento dei consumi, si osserva una maggiore prescrizione di antibiotici ad ampio spettro rispetto a quelli a spettro ristretto, benché i primi siano più propensi a favorire lo sviluppo di resistenze batteriche.
Con il 54,4% delle prescrizioni relative agli antibiotici del gruppo “Access” – quelli raccomandati come prima o seconda scelta per le infezioni più comuni, meno inclini a generare resistenze – l’Italia resta lontana dall’obiettivo del 65% stabilito dalla raccomandazione UE del 26 aprile 2023.
Pur rappresentando una quota minore dei consumi, particolare attenzione è dedicata al monitoraggio dell’uso ospedaliero, dove si registra un aumento delle infezioni legate all’assistenza sanitaria causate da batteri multiresistenti. Qui, le dosi somministrate ogni 100 giornate di degenza sono state 84, in crescita dell’1,3% rispetto all’anno precedente.
Resistenze
Dopo un calo nei consumi di antibiotici e nelle resistenze batteriche nei primi due anni della pandemia, entrambi i valori sono tornati a salire, evidenzia il rapporto. “L’Escherichia coli, responsabile di forme di diarrea anche emorragiche, ha visto la resistenza alle cefalosporine di terza generazione passare dal 23,8% nel 2021 al 26,7% nel 2023”, si legge nel documento. Seguendo le indicazioni dell’Ema per un uso più cauto dei fluorochinoloni – antibiotici soggetti a resistenze e a effetti collaterali significativi – i consumi sono diminuiti da 70 milioni di dosi nel 2018 a circa 24 milioni nel 2023, con una riduzione della resistenza dell’Escherichia coli dal 40% al 34,1%.
Resta invece elevata la resistenza della Klebsiella pneumoniae alle cefalosporine di terza generazione; questo batterio, che colpisce le vie urinarie con una letalità fino al 50%, mostra un lieve aumento della resistenza, dal 52,7% nel 2018 al 55,2% nel 2023. Per lo stesso microrganismo, la resistenza ai fluorochinoloni si è stabilizzata al 50% negli ultimi tre anni. Quanto allo Streptococcus pneumoniae, responsabile di polmoniti, sepsi e meningiti, la resistenza ai macrolidi è cresciuta dal 20,3% nel 2018 al 26,2% nel 2023.
Foto di Steve Buissinne da Pixabay