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Breve storia sui futuri della casa di Fabio Millevoi

Questa casa non è un albergo! E se lo fosse? Breve storia sui futuri della casa di Fabio Millevoi ci parla di quattro case simbolo che descrivono il futuro, sempre più complesso e variegato

Breve storia sui futuri della casa di Fabio Millevoi

Breve storia sui futuri della casa di Fabio Millevoi edito da Graphe.it  con la prefazione di Angelica Krystle Donati è un saggio appassionante sul futuro delle nostre abitazioni. L’autore, attraverso il contributo di docenti, imprenditori ed esperti, affronta un tema interessante e spinoso con l’obiettivo di generare nel lettore riflessioni ed esplorare nuove idee. 

Fabio Millevoi nasce a Trieste, città dallo sguardo presbite, nel 1958. Direttore di ANCE Friuli-Venezia Giulia per professione e futurista per necessità. Consegue a Trieste la laurea in giurisprudenza e a Trento il Master in previsione sociale presso il Dipartimento di Sociologia. Docente a contratto in Futures studies e Sistemi anticipanti, presso il Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste. Co-founder di AFI, Associazione Futuristi Italiani e di “Noi di Spoiler”. Vicepresidente di INARCH Triveneto. Ideatore e responsabile del Laboratorio dell’immaginazione delle Costruzioni Future (LICoF) promosso da ANCE FVG e da Area Science Park Ente Nazionale di ricerca e realizzato nell’ambito delle attività di “Cantiere 4.0” Chiamato alla III International Conference on Anticipation, tenutasi ad Oslo nell’ottobre 2019, per illustrare il suo project work “Questa casa non è un albergo. E se lo fosse?”. Autore della teoria CASA, acrostico di Creatività, Attrattività, Sensibilità, Azienda.

Intervista all’autore

Partiamo dal titolo del suo saggio e introduciamo subito l’argomento della sua ricerca. In che termini secondo lei bisogna re- immaginare le nostre abitazioni? Il classico palazzo o viletta con tetto non sarà più sostenibile?

Innanzitutto, desidero precisare, che un futurista non si esercita in previsioni ma rende visibili futuri possibili. Secondariamente, nel mio libro, ho appena accennato alla possibile natura delle case future e che probabilmente saranno delle concentrazioni di tecnologia. Ciò che invece mi sono chiesto è a cosa serviranno. Saranno simboli di sostenibilità o luoghi che garantiranno la nostra sopravvivenza? In un mondo sempre più modellato e governato dai dati vivremo in una casa shuttle o in una casa nido? Nessuno può dircelo perché nessuno sa come sarà il futuro. Futuro che però esiste nella nostra immaginazione e per questo ogni immagine di futuro è importante. Nel libro incontriamo 4 immagini. Sono solo quattro fotografie che però hanno il diritto di essere viste e di essere ascoltate perché il loro racconto, creando tensioni e conflitti, ci aiuta ad innamorarci delle domande, ci invita a capire, vivere, sentire le domande per cambiare le risposte, per sfidare il si è sempre fatto cosi, per esplorare nuove idee, per scoprire soluzioni innovative. A questo punto ritengo sia utile leggere il libro per decidere che casa costruire.    

Cosa ne pensa dei sempre più numerosi disastri ambientali che travolgono le abitazioni a ridosso di fiumi e corsi d’acqua? Cos’è che non ha funzionato e cosa bisogna fare in futuro?

Sono interrogativi intricati e le relative soluzioni sono altrettanto complesse, come dimostrato in numerosi saggi di autorevoli esperti. Per la mia formazione l’invito a considerare cosa fare in futuro mi spinge a riflettere sul tema della rigenerazione urbana-territoriale. Il tessuto delle nostre città è caratterizzato non solo da una fragilità territoriale e idrogeologica ma anche da una presenza diffusa di immobili incongrui, abbandonati, degradati, a rischio sismico e statico. Sono urgenze che richiedono una risposta sistemica che deve considerare, però, anche e soprattutto, le dinamiche demografiche in corso. A breve registreremo, da un lato più morti che nati e dall’altro viviamo in un Paese di anziani e non per anziani. Due questioni cruciali che dipingono il futuro “presente” dell’Italia con tratti inquietanti.

In Breve storia sui futuri della casa lei raccoglie i contributi di docenti, imprenditori ed esperti dell’edilizia contemporanea. C’è un tema, un argomento da affrontare con urgenza, nell’immediato futuro, su cui tutti concordano?

Capire come trasformare la IV rivoluzione industriale nella nostra compagna di viaggio. Non mi riferisco all’Industria 4.0, dove tecnologie, macchine e persone incontrano l’iCloud ma alla contaminazione fra neuro scienze, genomica, intelligenza artificiale e robotica. Una possibile ibridazione che inevitabilmente si riverbererà sul modo di costruire e vivere le case. Non pensarci equivale a “giocare a tennis guardando il tabellone anziché la palla”, come direbbe Ken Blanchard.

Proiettandosi nel futuro, come si immagina la casa dei suoi sogni, quella giusta per sé e per i suoi figli?

Fra le 4 case immaginate mi ritrovo nella casa bicicletta. La bicicletta è la macchina perfetta, lo diceva Enzo Ferrari, perché ha in sé tutto. Non consuma, non inquina, non ha bisogno di benzina. È un mezzo democratico, alla portata di tutti. Mette in relazione le persone e le persone con l’ambiente: quando si pedala non si è isolati in un abitacolo come in auto. Saranno dei luoghi-ponte dove sarà possibile elaborare risposte sia alla “fragilità” giovanile sia al “rischio vecchiaia” coniugando innovazione e ricerca con politiche di investimento e soluzioni che premieranno le azioni che avranno un minor impatto ambientale, economico e sociale.

In base alle sue ricerche e al confronto con altri esperti del settore, ritiene che in Italia ci siano le condizioni, la cultura e l’apertura mentale per essere visionari nel settore delle costruzioni?

Il settore, come il sistema Italia, è schiacciato fra l’urgenza e l’emergenza della quotidianità e trova difficoltà a dedicare attenzioni alle cose importanti come, ad esempio, agli studi di futuri che ti aiutano a passere dalle fotografie delle onde allo studio delle maree, per riprendere un passaggio del libro. Devo però aggiungere che in questi ultimi mesi il confronto con i giovani imprenditori di ANCE mi ha fatto registrare un’innovativa sensibilità in una classe imprenditoriale che sta vivendo l’incertezza del presente come la sua unica certezza. Un approccio mentale e culturale, permeato da imprevedibilità e turbolenze, che probabilmente condurranno il comparto a una sua ridefinizione ovvero a una sua riconfigurazione. L’ultimo simposio organizzato dall’area macro nord di ANCE Giovani sul “Chi costruirà cosa,” e oserei aggiungere “per chi?” ha sollevato temi e domande suggestive aprendo la strada a cambiamenti inevitabili e offrendo una testimonianza eloquente di mutamenti imminenti

Francesca Amore

Trapiantata a Roma per necessità ma emotivamente ancorata a Napoli, non ha mai smesso di sperare che un giorno ci ritornerà definitivamente. Laureata all?istituto Universitario Orientale in lingue slave , si occupa di traduzioni dal russo e dal polacco. Giornalista pubblicista dal 2005, è appassionata di arte e letteratura in genere, ma di quella russa in particolare. Ama scrivere sugli argomenti più disparati perché di indole curiosa.Generosa, impulsiva e sincera, non ama le persone intellettualmente disoneste, ma si sa, il mondo è bello perché è vario, ma intanto? io mi scanso.

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Francesca Amore

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