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Coronavirus: l’appello per tutelare i lavoratori dello spettacolo

È indirizzato al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e al presidente INPS, l’appello che richiede il riconoscimento di status giuridico specifico e di tutele previdenziali per i lavoratori dello spettacolo. A promuoverlo è il Centro Studi Doc, Fondazione parte della Rete Doc, il più grande network cooperativo italiano nei settori cultura, musica e spettacolo

In seguito alle misure adottate per affrontare la diffusione del Coronavirus in Italia, è in costante aumento la cancellazione di spettacoli ed eventi culturali su tutto il territorio nazionale, con una perdita d’introiti irrecuperabili nel tempo e senza nessun tipo di copertura, accesso al credito o dilazione di pagamenti. Solo nel settore dello spettacolo dal vivo, Assomusica ha valutato almeno 10,5 milioni di minori entrate in 2 giorni.  

«Questa crisi che il D.C.M. del 25.2.2020 si propone di risolvere con smart working e periodi di ferie ha contribuito a far emergere la totale mancanza di riconoscimento per il lavoro di centinaia di migliaia di professionisti dello spettacolo, con enormi discriminazioni previdenziali e reddituali»: spiega Chiara Chiappa, presidente della Fondazione Centro Studi Doc, parte della Rete Doc, il più grande network cooperativo italiano nei settori cultura, musica, spettacolo e creatività, con oltre 8mila soci, 30 anni di storia e un fatturato aggregato di 71 milioni di euro nel 2019.

 

L’appello lanciato oggi dalla Fondazione e inviato al ministro del Lavoro Catalfo, al ministro dei Beni Culturali Franceschini e al presidente INPS Tridico, richiede il riconoscimento di uno status giuridico specifico per i lavoratori dello spettacolo, che preveda in primo luogo l’assegnazione delle tutele previdenziali necessarie a scongiurare l’abbandono della professione in caso di malattia o difficoltà. Si richiedono con urgenza protezioni adeguate alla precarietà del settore, anche attingendo ai fondi ex-Enpals.

Bisogna considerare, infatti, che per i lavoratori non assunti da fondazioni, cooperative o teatri, è quasi impossibile ottenere adeguate prestazioni, nonostante l’INPS disponga di un cospicuo e milionario fondo ex-Enpals e il lavoro nello spettacolo sia soggetto fin dal primo giorno al versamento di contributi INPS per malattia, FIS (Fondo d’Integrazione Salariale in caso di crisi) e disoccupazione (Naspi).

Di seguito le 5 richieste più urgenti da riconoscere nell’immediato per affrontare la crisi causata in tutto il centro-nord Italia in seguito alle restrizioni del D.L. 6/2020 e del D.P.C.M. 25.02.2020:

1. Indennità di malattia riconosciuta a partire dal primo giorno come accade in tutti gli altri settori al di fuori dello spettacolo. Oggi è richiesto il versamento minimo di 100 giornate di contributi INPS dal gennaio dell’anno precedente;

2. Per l’accesso alla Naspi, l’abolizione del “ticket” licenziamento in caso di licenziamento per giustificato motivo a causa della crisi Covit 19;

3. Riconoscimento della Naspi agli intermittenti dello spettacolo per tutti i periodi di sospensione di attività, anche in costanza di rapporto di lavoro, per un periodo almeno pari a quello lavorato, considerando anche le giornate di lavoro per prove;

4. La garanzia di accesso a un ammortizzatore sociale (FIS) anche per i lavoratori intermittenti in modo commisurato alle giornate di lavoro svolto durante l’anno precedente e non solo al lavoro cancellato nel primo periodo di crisi;

5. La garanzia di accesso a un ammortizzatore sociale (FIS) e l’estensione ai lavoratori con meno di 90 giorni di anzianità con un unico committente, requisito quasi impossibile per chi non è socio dipendente di cooperative o di teatri stabili, e concessione anche a piccole realtà con meno di 5 dipendenti.

Redazione CinqueColonne

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