Mi tocco la pelle e non è mia
l’hanno chiamata in tanti modi:
terra di conquista,
santuario da pregare,
merce da esporre,
pezzo di carne da pesare.
Mi hanno detto:
sta composta,
siedi dritta,
non allargare le gambe,
non parlare troppo,
non ridere forte,
non desiderare.
Ma io
ho imparato a sentirmi dal respiro.
Ho imparato a riconoscermi nelle cosce forti,
nei seni che cadono,
nelle smagliature come fiumi sacri,
nelle cicatrici che raccontano.
Il mio corpo
è un diario scritto a pelle viva.
È un tamburo che chiama sorelle
da caverne antiche,
da cucine silenziose,
da letti sfatti,
da bagni pubblici dove piangere in pace.
Ho detto basta.
Ho detto: mi appartengo.
Ho detto: sono carne, sono suono,
sono piacere che non chiede il permesso.
Il mio corpo non è per servire.
È per danzare,
scrivere,
amare chi voglio,
come voglio,
finché brucio.
E allora ascoltami.
Ascolta questa voce che si alza dalla pelle:
non sono più la bambina che tace,
sono la donna che chiama.
mi tocco la pelle ed è mia.
Immagine di copertina concessa dalla stessa autrice: Silvia Rago