Così, lo chef Carlo Cracco, in occasione della cerimonia di premiazione della diciassettesima edizione di Reporter del Gusto
(Adnkronos) – “È davvero difficile raccontare e soprattutto far capire quanta storia, quanta tradizione, quanto lavoro e soprattutto quanta unicità ci siano dietro ai prodotti agroalimentari italiani”. Così, lo chef Carlo Cracco, in occasione della cerimonia di premiazione della diciassettesima edizione di Reporter del Gusto, il premio giornalistico ideato e promosso dall’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani (Ivsi) dal 2005, svoltosi al Ristorante Cracco di Milano e presentato da Francesca Romana Barberini, conduttrice, foodwriter e autrice di programmi enogastronomici di radio e tv, madrina storica del premio e profonda conoscitrice del settore agroalimentare made in Italy.
“I salumi in generale, ma ognuno, poi, ha il proprio perché, ogni Paese ha la propria unicità, ogni collina o valle ha la sua specialità e questo è quello che rende unico il salume in Italia. Quello che dobbiamo fare è cercare di non generalizzare, ma di entrare più nello specifico, raccontando come l’economia si regge anche su questa produzione e mantiene la tradizione. Ne consegue che vi è da un lato la conservazione del territorio, dall’altro la valorizzazione di un prodotto e soprattutto cerchiamo di creare questa economia circolare che va a chiudere il cerchio, quindi uno dei nostri capisaldi della gastronomia”.
Radici salde, quelle della tradizione, orientate al futuro: “Il futuro non è composto solo di sostenibilità, ma di entrambe le cose – sottolinea lo chef – quindi la sostenibilità non sfrutta troppo il territorio, ma lo rende partecipe e integrato con tutta l’economia”.
Ad accompagnare la premiazione della diciassettesima edizione di Reporter del Gusto un menù curato direttamente dallo chef stellato Carlo Cracco, che lo racconta così: “All’interno dei piatti preparati abbiamo cercato di aggiungere il salume come elemento più interessante: il secondo piatto, a base di filetto, è fatto con lo speck nella sua forma cruda, però tagliato sottilissimo.
Nel risotto, invece, abbiamo usato il guanciale, per cui dal Nord siamo passati al Centro, un po’ tagliato grosso e rosolato bene, ma croccante al palato e infine il prosciutto, che è forse il più iconico, che abbiamo fatto essiccare, molto particolare, leggermente marezzato, quindi che si prestava bene all’essiccazione e che rimane però molto friabile, una nuvola di sapore”.
—economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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