Un altro splendido esempio di assoluta assenza del governo in una situazione fra le più esplosive che si potessero mai pensare non solo a livello.
Un altro splendido esempio di assoluta assenza del governo in una situazione fra le più esplosive che si potessero mai pensare non solo a livello economico ma soprattutto a livello sociale. L’Italia è un Paese che si sgretola sempre di più e il presidente del consiglio e i suoi ministri non hanno nessuna capacità di porre alcun rimedioÂ
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Dopo tante promesse “da marinaoio” arriva la doccia gelata: Fincantieri smobilita e a Castellammare più di duemila famiglie vanno sul lastrico. Più che un ridimensionamento è un taglio col machete: da 8500 a 6000 dipendenti, 2500 posti di lavoro in meno con un colpo solo. Nel dettaglio, il Piano industriale 2010-2014 anticrisi di Fincantieri prevede la chiusura di due cantieri, quelli di Sestri Ponente e di Castellammare di Stabia, il ridimensionamento di un terzo stabilimento (Riva Trigoso, Genova) e 2.551 esuberi. A Castellammare di Stabia i lavoratori hanno occupato il comune e ci hanno trascorso la notte. A Genova, invece, sono immediatamente scesi in strada mentre il sindaco Marta Vincenzi parla di città “indignata” e “arrabbiata” e ha chiesto un colloquio al sottosegretario Gianni Letta. Oltre alla chiusura dei cantieri di Castellammare di Stabia (Napoli) e Sestri Ponente (Genova), è previsto il ridimensionamento di Riva Trigoso (Genova). Quest’ultimo manterrà solo la parte meccanica mentre la costruzione delle navi militari, e con essa parte dei dipendenti, verrà trasferito allo stabilimento di Muggiano. La chiusura dei due stabilimenti (non viene considerato esubero lo spostamento di lavoratori da Riva Trigoso a Muggiano), riguarderà 1.400 lavoratori. Mentre gli altri 1.150 esuberi interesseranno gli altri siti del gruppo. Complessivamente 2.551 esuberi, pari al 30% della forza lavoro attualmente impiegata nel Gruppo (8.500 persone in 8 cantieri). Di questi però, precisa l’azienda, alcuni accetteranno la mobilità interna, altri gli incentivi all’esodo, altri la cig. Questi numeri, ha spiegato Bono ai sindacati, servono a far fronte ad una situazione drammatica: a livello mondiale la domanda armatoriale, dal 2007 al 2010, ha subito un crollo del 55%; in Europa in trent’anni la quota di mercato complessiva della domanda armatoriale è crollata dal 30% al 4% e in 2 anni (2008-2010) si sono persi 50 mila posti di lavoro (circa il 30% della forza lavoro). Fincantieri si trova quindi a dover competere in uno scenario in cui ci sono gli stessi competitor ma ordini dimezzati: per quanto riguarda le navi da crociera nel 2007 su 16 ordini a livello globale Fincantieri ne ha presi 8, nel 2008 due su tre, nel 2009 uno su uno, nel 2010 due su 6 (due dei quali maturati in condizioni di mercato atipiche). Un piano “inaccettabile”, l’ha definito il leader della Fiom, Maurizio Landini, evidenziando la “pericolosa assenza del governo”, cui chiederà una convocazione in tempi rapidi. Anche il segretario nazionale della Uilm, Mario Ghini, chiede di riprendere il tavolo al Ministero dello sviluppo e definisce non accettabile un piano in cui la soluzione del rilancio di Fincantieri passi attraverso la riduzione dei siti e la riduzione occupazionale. Boccia il piano anche la Fim (“rinunciatario”) che chiede un “cambio di impostazione”. L’Ugl assicura il proprio impegno per evitare le pesanti ricadute occupazionali e produttive. Sale intanto la preoccupazione non solo tra i lavoratori dei siti a rischio (quelli di Castellammare hanno organizzato un presidio a Roma; quelli di Sestri Ponente sono entrati in sciopero appena ricevute notizie dalla capitale); ma anche tra gli amministratori locali.
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