Riuscirà il Gianduiotto di Torino a diventare un prodotto IGP? La strada è lunga e non priva di ostacoli. Al momento uno dei principali veti è stato abbattuto e la macchina della burocrazia può riprendere il suo percorso. Oggi vi parliamo di una delle prelibatezze del nostro Paese, il Gianduiotto, che da quasi 160 anni mette d’accordo tutti i palati.
Napoleone e Michele Prochet
Quando nel 1806 Napoleone impose il blocco continentale, il suo scopo non era solo render pan per focaccia alla Gran Bretagna, sua acerrima nemica, ma anche colpire la sua economia. L’imperatore di Francia sembrò non considerare, però, il dettaglio che a risentire di tale blocco sarebbero stati anche i Paesi al di qua della Manica. In Italia, all’epoca, la passione per il cioccolato era già diventata irrefrenabile e le quantità di cacao, che arrivavano in Europa proprio grazie alle navi bloccate, iniziavano a diminuire sempre di più e a costare sempre più care.
Fu così che il maître chocolatier Michele Prochet ebbe l’idea di creare un impasto con cacao, zucchero e nocciole. La tonda gentile è una variante di nocciola tipica del Piemonte; gli oli presenti nel frutto consentono la creazione di una crema una volta tritato. La crema di nocciola unita a cacao e zucchero ha dato vita alla pasta gianduia, un’eccellenza del Piemonte.
Da qui il passo per la nascita del gianduiotto, il primo cioccolatino confezionato singolarmente, fu davvero breve. All’epoca venivano tagliati a mano mentre oggi, per ottenere l’originale forma a barchetta rovesciata, si utilizzano due tecniche: l’estrusione e il colaggio. L’estrusione prevede che l’impasto coli su piastre e l’utilizzo di macchine progettate ad hoc che permettono di produrre un cioccolatino dalla giusta consistenza. Il colaggio, invece, che si serve di appositi stampi, vuole un impasto più duro.
Il primo gianduiotto fu prodotto, nel 1865, con la ricetta di Prochet, dall’industria dolciaria Caffarel, nello stabilimento torinese di Borgo San Donato. Fu presentato in occasione del Carnevale associato a Gianduia. La famosa maschera locale andò in giro per la città a distribuire i fantastici gianduiotti.
Il Gianduiotto di Torino: un simbolo della città da tutelare e valorizzare
Le cronache ci raccontano che l’alleanza tra Prochet e la Caffarel portò il celebre maître chocolatier a essere via via dimenticato mentre l’industria dolciaria, che ha regolarmente depositato il marchio “Gianduia 1865. L’autentico gianduiotto di Torino”, è tuttora l’unica autorizzata a riproporre la maschera di Gianduia sugli incarti.
La storia ci dice anche che nel 1997, la Caffarel è stata acquisita dalla casa dolciaria Lindt & Sprüngli che oggi produce gli iconici cioccolatini torinesi su scala industriale.
Nel 2017 nasce a Torino il Comitato del Giandujotto di Torino Igp. L’obiettivo è quello di ottenere l’Indicazione geografica protetta riconosciuta dall’Unione europea per i prodotti d’eccellenza la cui produzione è legata al territorio sia per le materie utilizzate sia per il luogo di lavorazione. L’iter è presto iniziato: viene fatta regolare richiesta alla Regione Piemonte che accetta e la presenta a sua volta al ministero dell’Agricoltura. Il sì del ministero avvia le consultazioni tra tutti gli attori in gioco: associazioni di categoria e produttori.
Tra questi c’è anche la Caffarel, o meglio la Lindt, che ha opposto non poche remore sull’eventuale riconoscimento.
Caffarel vs Comitato: pace fatta?
Caffarel non è stata coinvolta nella definizione della ricetta allegata alla proposta di IGP, e non ha mai chiesto di cambiarla. L’azienda, inoltre, non ha mai presentato opposizione alla proposta IGP per il gianduiotto. Caffarel si è solo limitata a osservare che la ricetta proposta dal Comitato avrebbe escluso del tutto i prodotti Caffarel. Inoltre, la registrazione del nome “Gianduiotto di Torino IGP” avrebbe potenzialmente messo a rischio la possibilità per Caffarel di continuare ad utilizzare il proprio marchio “Gianduia 1865. L’autentico Gianduiotto di Torino”.
Dopo mesi di diatribe, che erano arrivate fino in Europa, il Comitato e la Lindt sono giunti a un accordo. La Lindt potrà continuare a produrre i suoi gianduiotti utilizzando lo storico marchio e la ricetta personale. Di contro gli artigiani utilizzeranno la ricetta originale e, quando il marchio IGP sarà riconosciuto, potranno inserirlo. Cosa, quest’ultima, che invece sarà negata alla Lindt.
L’accordo, che ha bisogno di ulteriori limature, se non altro, ha sbloccato l’iter per la richiesta del riconoscimento che ora andrà al ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e poi alla Commissione Europea.