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L’incuria del cimitero italiano della Grande guerra a Belgrado

Il cimitero militare italiano della Grande guerra di Novo Groblje a Belgrado è il simbolo di una storica amicizia tra due paesi. L'Italia e la Serbia. Oggi, purtroppo, versa in un evidente stato di incuria e degrado

Il sacrario militare dedicato ai soldati italiani caduti nella Prima guerra mondiale si trova nel cimitero Novo Groblje a Belgrado, in Serbia. E’ dove riposano 1063 soldati dei circa 10mila caduti sul fronte balcanico, accorsi nel dicembre del 1916 in aiuto al affianco dell’esercito serbo contro l’aggressione dell’Impero austro-ungarico. Il sacrario è chiuso. Lo stendardo è spoglio e su di esso non sventola nessuna bandiera. Mentre le aiuole appaiono curate, proprio davanti all’entrata si vedono delle feci. Le fotografie scattate dentro al sacrario sono state possibili grazie alla cortesia di un operaio serbo che lavorava all’interno del cimitero. 

Nel 2014, in occasione del centenario della grande Guerra, si è svolta a Belgrado una commemorazione in ricordo dei soldati italiani morti in battaglia, durante la quale è stato ricordato come i militari italiani seppelliti in questo cimitero persero la vita al fianco di quelli serbi. L’evento fu organizzato dall’ambasciata italiana assieme alle autorità serbe. Quello che rimane di quel giorno è una targa commemorativa la cui iscrizione ha oramai perso il proprio colore.

Ma ora facciamo un passo indietro. Correva l’anno 1914. Il 28 giugno alcuni nazionalisti serbi assassinano l’erede al trono austroungarico, l’arciduca Francesco Ferdinando assieme a sua moglie, in visita ufficiale a Sarajevo. L’attentato suscita una profonda emozione in tutto il mondo. Esattamente un mese più tardi l’Impero austro-ungarico dichiara pretestuosamente guerra alla Serbia. Una serie di eventi a catena trascineranno gran parte delle maggiori e minori potenze all’interno del conflitto. E’ di fatto l’alba della Prima guerra mondiale. L’Italia, com’è noto, entrerà in guerra quasi un anno più tardi. Permeata da un’atmosfera di agitazione e subbuglio a causa della situazione di incertezza sull’entrata nel conflitto, viveva l’acceso scontro fra le opposte correnti pacifiste e interventiste.

In quel contesto, sette camicie rosse garibaldine senza il placet istituzionale decisero di unirsi come volontari alle file dell’esercito serbo in difesa dall’aggressione austro-ungarica. Non per aprioristica ideologia, decisero di lasciare l’Italia con la speranza di contribuire a liberare le terre irredenti occupate dall’Austria-Ungheria.

Dei sette, cinque caddero in battaglia sulla collina di Babina Glava, in Montenegro. Ricevettero alte onorificenze da parte delle istituzioni dell’allora Regno di Serbia e i loro nomi furono i primi ad essere scolpiti in una grande lastra di marmo all’interno del sacrario.

Quando l’Italia nel maggio del 1915 prese parte parte al conflitto, dal dicembre del 1916 al settembre del 1918 intervenne su richiesta degli alleati con 52.700 soldati alla Campagna dei Balcani, durante la quale avvenne anche un episodio di salvataggio della nostra Marina Militare che portò in salvo oltre 265 mila sfollati civili e soldati serbi spinti dall’offensiva dell’Impero austro-ungarico verso le coste adriatiche.

L’incuria in cui versa oggi il sacrario, purtroppo, non aiuta a rendere la giusta memoria di un evento che ha significato molto non solo per la storia di due paesi.

Bisognerà attendere e sperare che l’ambasciata italiana di Belgrado trovi occasione di garantire la cura e il rispetto del sacrario militare che di fatto è simbolo di una centenaria amicizia fra due popoli.

Flae Dissa

Vivo a Roma. Mi appassiono da anni di arte underground e sottoculture. Ho collaborato con Stai Zitta mag, Unholy Black Metal zine e Penne Armate rivista. Dal 2016 columnist presso L'Antikulturale su LaMeteora.info, parlo di arte e controcultura. Mi piace scrivere di ciò che è nascosto e fuori dai luoghi comuni.

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