Sembra un fenomeno raro, ma sono oltre 500 le malattie metaboliche e condizioni acquisite che richiedono ogni giorno l’elaborazione di diete speciali, vere e proprie terapie salvavita che consentono di tenere sotto controllo i sintomi e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Tra le patologie per le quali la dieta si trasforma in terapia c’è il deficit di glut1, una rara sindrome di origine genetica che può portare a crisi epilettiche, distonia, difficoltà nella parola, possibile ritardo cognitivo, ipotonia, disturbi nel sonno. Ad oggi la dieta chetogenica è l’unico trattamento esistente per alleviare alcuni dei sintomi di questa sindrome: tuttavia seguirla attentamente è non solo difficile per questi bambini e le loro famiglie, ma può anche comportare problemi di inclusione e integrazione.
Dieta: quando diventa terapia
Ecco perché in occasione nel mese in cui si celebrano la Giornata internazionale dell’Epilessia e delle Malattie rare, l’Associazione italiana Glut1, grazie al supporto non condizionato di Vitaflo – Nestlé Health Science, ha avviato una campagna di sensibilizzazione rivolta a famiglie, scuole, insegnanti e più in generale a tutti coloro che entrano in contatto con persone che devono seguire una dieta speciale perché funge da terapia. Attraverso quattro video divulgativi l’associazione cercherà di raccontare cosa significhi dover controllare ogni giorno con estrema attenzione contenuto e dosaggio della propria alimentazione, sia dal punto di vista nutrizionale, sia in termini di ricadute sociali: in particolare, il primo video sarà dedicato ai compagni di classe dei “Gluttini”, così come affettuosamente sono chiamati dai loro genitori i bimbi con il deficit di glut1. Insieme a un testimonial d’eccezione come lo chef Simone Rugiati, conduttore, autore e produttore televisivo nonché web influencer di grande popolarità, questi bambini mostrano come sia importante che momenti sociali come le feste di compleanno non siano precluse a chi per ragioni di salute non può mangiare certi alimenti e come invece, grazie alla consapevolezza e alla conoscenza delle loro necessità, sia possibile assicurare la loro inclusione in tutte le occasioni di socialità, così importanti per la crescita di ognuno.
“Dopo aver conosciuto una mamma che mi ha raccontato in cosa consista la malattia e cosa affronta ogni giorno il suo piccolino – spiega lo chef Rugiati – ho accettato con entusiasmo di aderire al progetto: il cibo per me è passione, vita, legami, futuro. Sapere che la vita e la malattia di questi bambini dipendano strettamente da un’alimentazione complessa, da seguire per sempre e senza sgarri, mi ha fatto domandare come potessi contribuire ad aiutarli. E da qui la mia partecipazione ai video; ma soprattutto, un legame personale che si è creato con i piccoli e che continua tutt’ora”.
Ecco il link al video: https://www.glut1.it/youtube-la-festa-di-martina
I quattro video sono stati realizzati da Kemal Comert, produttore e filmmaker specializzato nell’ambito delle malattie rare che nel 2019 ha vinto il premio per il miglior documentario nell’ambito del festival cinematografico “Uno Sguardo Raro”, e da Barbara Bernardini, divulgatrice scientifica e fondatrice di One Frame “Creative Science Communication”, nonché autrice per il programma “Superquark” di Rai1.
«Siamo una società in cui la socializzazione passa anche attraverso il cibo e i nostri bimbi, dovendo seguire una dieta rigida, spesso si trovano in difficoltà o addirittura esclusi – ha sottolineato Alessandra Camerini, Responsabile della Comunicazione per l’associazione. – Speriamo quindi che questo progetto contribuisca a far conoscere i loro bisogni e migliorarne l’integrazione, senza mai dimenticare di eliminare le etichette: perché si è persone e non si è la propria patologia. Siamo quindi profondamente grati a tutti coloro che hanno partecipato con entusiasmo a questo progetto: lo chef Simone, Kemal, Barbara, i medici e gli splendidi bambini. Grazie per l’impegno profuso e per il meraviglioso risultato raggiunto: perché #insiemeperilglut1 non sia solo un hastag, ma un vero e proprio approccio inclusivo alla vita».