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Mozambico: le angosce dei bambini sfollati

Un rapporto redatto da Save the Children racconta quelle che sono le angosce dei bambini sfollati nella regione di Cabo Delgado in Mozambico

La perdita dei genitori, i certificati di nascita smarriti e la mancanza di scuole sono alcune delle paure più pressanti espresse dai bambini sfollati a causa delle violenze a Cabo Delgado, in Mozambico.

Queste le preoccupazioni e le sfide più gravi che devono affrontare ogni giorno bambini e adolescenti tra i 12 e 17 anni sfollati nella provincia, così come espresse direttamente da loro nel rapporto “La voce dei bambini di Cabo Delgado”[1] diffuso da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro. Molti di questi minori hanno assistito alle violenze orribili che hanno costretto alla fuga quasi un terzo della popolazione di quest’area del paese, tra cui almeno 350.000 bambini.

L’Organizzazione ha consultato decine di minori nei centri di transito e ricollocamento e nelle comunità ospitanti a Marrupa, nel Distretto di Chiure, Junho e Nangua, nel Distretto di Metuge, e Corrane nel Distretto di Meconta, perché il loro punto di vista possa essere ascoltato dai leader delle comunità, dal Governo, dalle organizzazioni umanitarie e dai donatori, e per far sì che gli interventi di supporto rispondano alle loro reali preoccupazioni.

Come sottolineato dal rapporto, la perdita dei documenti è stata indicata dalle ragazze e i ragazzi come una delle loro maggiori preoccupazioni. “Vorrei poter avere di nuovo il mio certificato di nascita e la mia carta d’identità, li ho persi tutti”, dice una ragazza di 16 anni nel distretto di Metuge. I documenti di identità sono fondamentali perché consentono l’accesso ai servizi pubblici, tra cui istruzione, assistenza sanitaria e protezione sociale. Almeno 307.000 tra bambini e adulti sfollati a causa del conflitto hanno perso o non hanno documenti di identità o certificati di nascita[2].

Altri minori sono preoccupati per i membri della famiglia persi a causa delle violenze, come sottolinea un bambino di 12 anni che dice: “In questo centro alcuni di noi non sono con i propri genitori e si sono persi i contatti, non si sa dove sono”. Almeno 2.424 bambini sono stati separati dai loro genitori per le violenze a Cabo Delgado, di cui 454 a Pemba, durante i recenti scontri di aprile.

In Mozambico il fatto di non poter ricevere un’educazione è motivo di particolare angoscia per i bambini, anche per la mancanza di scuole e libri, come sottolinea una ragazza di 16 anni: “Anche se ci sono scuole qui, alcuni di noi non le frequentano, perché ci mancano i materiali scolastici e le uniformi, e non ci sono scuole secondarie“.

Salute ed esposizione alle malattie sono anch’esse fonte di apprensione per questi bambini. “L’acqua dei serbatoi è salata, quindi beviamo acqua direttamente dalla fonte, anche se ci è stato detto di non farlo a causa del colera“, dice un ragazzo di 17 anni. Tra gennaio e marzo, a Cabo Delgado, in Mozambico, sono stati registrati 3.334 casi di colera e 179.967 casi di malaria, con un aumento del 30,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (da 138.160 casi nel 2020 a 179.967 casi nel 2021).

Tra ciò che è emerso dall’ascolto dei minori ci sono anche alcuni aspetti positivi della loro vita attuale, come una forte speranza di tornare a casa, la gratitudine per aver ricevuto assistenza sanitaria e cibo e nuove amicizie con i bambini che vivono nelle comunità ospitanti. Anche i bambini delle comunità ospitanti hanno mostrato simpatia verso le famiglie sfollate, come evidenzia una ragazza di 14 anni che dice “Loro sanno che possiamo giocare insieme, li abbiamo anche aiutati con il cibo che i nostri genitori hanno portato al centro“.

“Questa ricerca ci ricorda ancora una volta quanto sia importante ascoltare i bambini. Questi ragazzi sono intelligenti, resilienti, hanno speranza e, quando gli viene chiesto, sanno cosa è meglio per loro. Non è una sorpresa sentire i bambini sfollati temere per la loro istruzione e la loro salute. Tutti sono fuggiti per mettere in salvo la loro vita da un conflitto brutale che ha causato così tanti morti o feriti. Ora è necessario che i donatori e i governi ascoltino ciò che questi bambini dicono e agiscano per proteggerli, sostenerli e aiutarli a sopravvivere e costruire il loro futuro nonostante questa difficile situazione,” ha dichiarato Chance Bridge, Direttore di Save the Children in Mozambico

I bambini soffrono in modo sproporzionato in questo conflitto e necessitano di un’attenzione speciale. Chiediamo alla comunità dei donatori di garantire che i finanziamenti per i bisogni dei bambini abbiano la priorità. Ciò include i fondi per la protezione, la salute, l’istruzione e per garantire che i bambini ricevano il supporto per la salute mentale di cui hanno bisogno. In particolare, bisogna è necessario riconoscere il ruolo chiave dell’istruzione, che non dovrebbe essere un extra opzionale, perché non solo fornisce ai bambini le competenze necessarie per il loro futuro, ma gli restituisce un senso di “normalità” ed aiuta a proteggerli da gravi rischi come il matrimonio precoce.

Almeno 800.000 persone sono attualmente sfollate nelle province di Cabo Delgado, Nampula, Niassa, Sofala e Zambezia a causa della violenza e dell’insicurezza nell’area. Si ritiene che almeno 2.838 persone siano morte nel conflitto, inclusi 1.406 civili, sebbene questo numero si limiti alle vittime segnalate e il numero reale possa essere molto più alto.

Save the Children sta rispondendo con i suoi partner alle necessità dei bambini sfollati e delle loro famiglie nella regione Cabo Delgado in Mozambico. L’Organizzazione ha raggiunto oltre 118.000 persone, inclusi 72.000 bambini sfollati nell’area, con interventi di protezione dei minori, tra cui il rintracciamento e il ricongiungimento familiare, di educazione e assistenza sanitaria, di sostegno per beni primari come cibo e acqua potabile, e per il migloramento delle condizioni igienico-sanitario. Save the Children ha anche fornito supporto per la salute mentale e psicosociale dei minori separati e non accompagnati o vittime di abusi, e di quelli maggiormente segnati dall’impatto traumatico del conflitto.

Gianfilippo Neri

Non è il caso di spendere tante parole per descrivermi, un solo aggettivo: passione. Per quello che faccio, per come lo faccio. La scrittura giornalistica è su tutto quello che più mi appassiona, appunto. Per il resto: Napoli, il Napoli un po' di buona cucina e ... non mettiamo limiti, ci conosceremo un po' per volta.

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