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Un volto a chi non lo ha più

Grazie alla stampante 3D è possibile ricreare delle piastre di titanio che permettono di ricostruire la mandibola anche nei casi dove questa, per effetto di gravi forme di tumore, è maggiormente deformata.

La nuova tecnica, messa a punto grazie a una collaborazione tra la Scuola di Specializzazione in chirurgia orale e maxillo-facciale, Policlinico S. Orsola di Bologna, diretta da Claudio Marchetti, ed Eos, il più importante fornitore di tecnologie a livello mondiale nel campo della stampa 3D che sono riuscite a mettere a punto una tecnologia innovativa che permette di ottenere importanti risultati, sia in termini di salute che di risparmio dei costi degli interventi.

Questa tecnologia – ha spiegato Salvatore Battaglia, il chirurgo del Sant’Orsola che ha condotto gran parte degli interventi di sostituzione della mandibola – permette di ottenere dei grandi vantaggi sia per i pazienti che per le strutture ospedaliere“. Questo delle tecnologie a stampa 3D per la ricostruzione della mandibola è, sotto il profilo chirurgico “un importante passo in avanti che abbiamo cominciato a sperimentare nel 2011 e che ormai è stato adottato in almeno una cinquantina di casi con risultati davvero importanti, soprattutto in termini di riscontro sulla salute dei pazienti” ha spiegato all’Agi Battaglia.

Uno degli aspetti maggiori di questa tecnica consiste nel fatto che la tecnologia ricostruttiva messa in campo permette una rimodellazione della mandibola del paziente quasi perfetta rispetto allo stato originale.

Si tratta di un punto davvero molto importante dal momento che la mandibola determina i lineamenti del paziente. “Il nostro approccio – spiega Battaglia – ci permette di ricostruire in maniera molto dettagliata il profilo del paziente, attraverso un processo che prevede prima una analisi con una TAC della mandibola da sostituire che poi viene rimodellata, non solo sulla base dei dati morfologici del paziente, ma anche con un database sul quale riusciamo a trovare le informazioni che ci permettono di arrivare al risultato finale“.

Il modello viene così ricostruito prima graficamente e poi concretamente attraverso le stampanti 3D che producono le placche di titanio destinate ad essere impiantate chirurgicamente. Il margine di errore è di circa 0,2 millimetri. A provvedere alla parte della acquisizione dei dati necessari alla Stampa 3D è la tecnologia Eos.

Sotto il profilo clinico – spiega Battaglia – il risultato è davvero incoraggiante“. Intanto si riducono i tempi dell’intervento ricostruttivo, appena 30 minuti contro i 60 necessari per la terapia tradizionale, “e poi si riducono anche i tempi di follow-up ospedaliero del paziente (meno di 14 giorni contro i 17 degli interventi tradizionali e si riduce, anzi scompare anche il numero delle complicanze post-operatorie. Se prima su un campione di 20 pazienti avevamo due casi di complicazione, oggi su un campione analogo non abbiamo avuto nessun tipo di complicanze“. La minor ospedalizzazione compensa i costi per la produzione delle protesi in titanio e consente un risparmio, si legge in una relazione elaborata da Battaglia pari a circa 2.500 euro per ciascun intervento.

Leonardo Olcesi

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