Sibilla sognava l’amore, un amore meraviglioso, improvviso e travolgente, che le facesse battere il cuore come a Natascia per il principe Andrej e possibilmente più fortunato. Non sapeva che era in agguato quell’amore, proprio quel 2 giugno 1946, giorno in cui le cose più importanti sembravano il Referendum e la vittoria della Repubblica.
Si avviò sottobraccio a Rosa, nel suo ondeggiante e allegro vestito di seta a fiori, verso la scuola elementare vicina, già piena di persone in fila. Le donne attente, ordinate, nei loro vestitini estivi di raion, al braccio le delicate borsette di pegamoide, appena tolte dalla carta velina, alcune con il cappello dei momenti eleganti ma senza veletta, né rossetto, come consigliavano radio e manifesti: il velo sugli occhi può confondere, il rossetto lasciare traccia sulla matita e invalidare il voto.
Gli uomini vicini, apprensivi, ossessivi:
– Non sbagliare, hai capito bene dove mettere la croce? Non bagnare la punta della matita con la saliva. Ricordati di restituirla.
C’era comunque l’aria di festa della responsabilità ritrovata, del paese che era chiamato a partecipare e a decidere. Molte ragazze avevano in mano un mazzetto di fiori, ci si scambiava sorrisi e saluti tra sconosciuti, ci si guardava soddisfatti.
Rosa era agitatissima:
– Ho fatto male a venire, non so se farò giusto. E poi, io voglio votare il re, il parroco ha detto che lo vuole il Santo Padre, che il Cristianesimo è in pericolo.
Sibilla fu presa da tenerezza incontrollabile per quella donna ricurva, che non aveva temuto le bombe e ora tremava davanti a una scheda e al dispiacere di scontentare i padroncini. Le strinse il braccio con affetto:
– Vota chi vuoi, anche il re va bene, importante è che tu sia qui, che noi siamo qui.
– Signorina, che sorpresa, – disse una bella voce calda.
La signorina esitò un po’ prima di riconoscere l’amico di Carlo silenzioso e riservato nel giovanotto affabile, che la guardava con evidente ammirazione.
– Sono qui per controllare, – aggiunse lui – temiamo brogli.
– Dovrebbe vincere la Repubblica…
– Al nord è sicuro. Abbiamo combattuto, liberato le nostre città, messo su nostri governi provvisori, coinvolto la popolazione. Al sud è andata diversamente: poca la resistenza e continua la presenza del re. La storia costruisce le differenze e la società le esprime. Purtroppo…
Il giovane si interruppe, come se avesse perso il filo del ragionamento, guardò Sibilla quasi interdetto:
– Quanto sei bella!
Tu, bella, lo sguardo che l’avvolgeva e il respiro vicino. Chissà se non si sarebbe confusa anche lei e non avrebbe messo la croce nel posto sbagliato. Monarchia o Repubblica non erano più così importanti, poteva andare bene tutto, davanti a quegli occhi.
2 giugno 1946 da “Petalie. Romanzo popolare sardo-piemontese” di Maria Antonietta Macciocu e Donatella Moreschi (Mediando 2011)
Foto di copertina generata con Copilot per Cinque Colonne Magazine