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Come ruota un buco nero

La vorticosa giravolta di uno dei buchi neri più massicci dell’Universo è stata misurata grazie a una squadra di osservatori di eccezione: due dozzine di telescopi ottici e iltelescopio a raggi X SWIFT della NASA.

Che hanno puntato i loro accuratissimi occhi verso un buco nero supermassiccio di 18 miliardi di masse solari, misurandone l’indice di rotazione: un terzo dello spin massimo consentito dalla Relatività Generale.

Questo velocissimo buco nero è alimentato dal quasar OJ287, che dista circa 3.5 miliardi di anni luce dalla Terra.

Un quasar (QUASi-stellAR radio source, radiosorgente quasi stellare) è un nucleo galattico attivo la cui grande luminosità è originata proprio dall’attrito causato da gas e polveri che cadono in un buco nero supermassiccio. Questa caduta di materia provoca l’emissione di una grande quantità di radiazioni elettromagnetiche.

Il quasar osservato da SWIFT e dagli altri telescopi, sparpagliati nel mondo tra Giappone, Corea del Sud, India, Turchia, Grecia, Finlandia, Polonia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Stati Uniti e Messico, produce esplosioni sulla sua superficie a intervalli regolari. E lo fa da parecchio tempo: le sue misure fotometriche coprono un intervallo di oltre 100 anni. I dati raccolti misurano infatti l’attività di OJ287 a partire dal 1891, mostrando che il quasar ha prodotto esplosioni approssimativamente ogni 12 anni.

Mauri Valtonen dell’Università di Turku, Finlandia, coordinatore del gruppo di astronomi che ha studiato il fenomeno, ha ipotizzato che la grande attività del quasar OJ287 fosse dovuta alla presenza di ben due buchi neri. Il primo sarebbe il buco nero supermassiccio dalla rapidissima rotazione; il secondo un buco nero più piccolo, che ruoterebbe attorno al suo gemello più grande.

OJ287 sarebbe visibile a causa del progressivo accrescimento del buco nero supermassiccio, che cattura il materiale cosmico circostante. Quando il buco nero più piccolo passa attraverso il disco di accrescimento del buco nero più grande lo riscalda, portandolo a temperature molto elevate.

Il materiale così riscaldato fuoriesce da entrambi i lati del disco di accrescimento, emettendo per settimane forti radiazioni. Questo determina picchi di luminosità, resi visibili dalla Terra in due momenti diversi a causa all’ellitticità dell’orbita del buco nero.

Il sistema binario di buchi neri ipotizzato da Valtonen e colleghi per spiegare il comportamento di OJ287 implica che l’orbita del buco nero più piccolo cambi a seconda dell’impatto con il disco di accrescimento del buco nero più grande. Si tratta di un effetto che deriva dalla teoria della Relatività Generale di Einstein, che permette di mettere in relazione l’indice di rotazione e la massa di un buco nero.

L’osservazione delle esplosioni del quasar OJ287 ha anche permesso al gruppo di astronomi di confermare un’altra previsione della Relatività Generale: la perdita di energia orbitale in presenza di onde gravitazionali.

In altre parole, i dati raccolti da SWIFT e dagli altri telescopi forniscono la prima prova indiretta dell’esistenza di un sistema di buchi neri che emettono onde gravitazionali: un altro contributo alla celebrazione del centenario della Relatività Generale.

Redazione CinqueColonne

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