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ESEGESI DI UN FUMETTO. PAPERINO COMPIE 80 ANNI.

Gli aspetti controversi del neo-ottantenne Paperino. Le analisi storiche di un personaggio scandagliato in lungo e largo dalla critica americana ed internazionale

Dopodomani il papero più famoso del mondo, Paperino, compirà ben 80 anni. Esordì l’8 giugno 1934 in un episodio diretto da Wilfred Jackson, dove era il vicepresidente svogliato e irascibile del Circolo dei Pigri, spalleggiato dal presidente Meo Porcello. Ora, dopo ben 80 anni, quel papero dalla parlata incomprensibile e vestito come un marinaio, rimane ancora uno dei personaggi più amati dai piccoli e dagli adulti, segno che la Disney è ancora sulla cresta dell’onda e sempre amata.

Donald Duck, però, come ogni personaggio storico che si rispetti ha subito spesso processi e studi per anallizare meglio i suoi lati oscuri, le sue contraddizioni e riflettere sulla sua condizione sociale e sul suo aspetto caratteriale.

Paperino è un personaggio controverso: è stato definito da alcuni reazionario, comunista e proletario, oppositore della società capitalistica. Altri un perfetto ritratto dell’ americano medio degli anni 60, alle prese con la difficile realtà che lo circonda. Altri lo ritengono un personaggio opportunista, un accattone che vive da parassita in una società che gli permette di vivere senza lavorare. Come scritto da Alessandro Barbera nel suo libro Camerata Topolino, che approfondisce i lati oscuri del mondo di Walt Disney, Arield Dorfman e Armand Mattelart descrissero Carl Barks, l’autore dei paperi, come l’inventore di un mondo dove “mancherebbe totalmente la rappresentazione della classe operaia, la cui massima espressione sarebbe la Banda Bassotti”. Donald Duck, infatti, per i due sarebbe stato un procacciatore del superfluo alla perpetua ricerca di denaro da spendere. Lo stesso Barbera, nel suo saggio, scrisse sulla figura politica del papero: “Il contrasto tra Topolino conservatore e Paperino rivoluzionario non esiste, si dimentica che spesso e volentieri Paperino è il miglior alleato di Zio Paperone in imprese che non hanno nulla di proletario”. Barks stesso dichiarò che Paperino è l’antitesi di Topolino perché “inefficiente”, al contrario di Topolino che è “iperefficiente”.

Nel 1972, i due autori cileni citati prima, Dorfman e Mattelart, sulla scia del nuovo governo guidato da Allende, intento all’epurazione dei fumetti di Disney, scrissero un libro, Para leer al Pato DonaldCome leggere Paperino -, nel quale valutarono il mondo di Disney come intriso di una cultura imperialista. Il libro è un’analisi della letteratura di massa e, in particolar modo, dei fumetti Disney pubblicati per il mercato latino-americano, ritenuti dai due autori di non solo ritratti dell’epoca ma veri e propri mezzi di diffusione dell’ideologica capitalista. Il mondo mostrato nei fumetti, secondo la loro tesi, è basato su concetti idelogici derivanti da uno schema di “regole naturali” che conduce all’accettazione di particolari idee sul capitale, sulla relazione delle nazioni sviluppate con il terzo mondo e altri concetti simili.

Thomas Andrae, autore di Carl Barks and the Disney Comic Book: Unmasking the Myth of Modernity, criticò la loro tesi smentendo il controllo di zio Walt sul lavoro dei suoi fumettisti, completamente liberi di ideare storie. Secondo l’autore, i fumetti barksiani contengono, anzi, una critica al capitalismo e riferimenti anti-imperialistici.

Donald Duck, tra l’altro, fu al centro di una propaganda anti-nazista da parte di Walt Disney. Ne La faccia del Fuhrer, un cartone animato prodotto dalla Disney nel 1943 e vincitore di un Premio Oscar, Paperino viene costretto a lavorare per la dittatura nazista. Con un tono estremamente ironico e canzonatorio nei confronti dell’ideologia nazista – Paperino interrompe sempre il suo lavoro appena si accorge del ritratto di Hitler, per fargli il saluto nazista -, il cortometraggio mette alla gogna anche Hirohito, Mussolini e Rudolf Hess. Alla fine il papero Donald si accorge che ciò che ha vissuto è stato un incubo e, vestito con un pigiama raffigurante la bandiera statunitense, corre felice ad baciare una Statua della Libertà in miniatura, per ringraziarla di essere parte del sogno americano.

Un’altra critica mossa a Disney fu quella di nascondere rappresentare solo nipoti e non figli, distorcendo totalmente il rapporto naturale che si forma tra genitore e prole, usando l’infanzia solo per addolcire funzionalmente il mondo degli adulti. In realtà, nel 1993, il fumettista Don Rosa pubblicò l’albero genalogico dei paperi, basato su un’idea originaria dello stesso Barks che, per uso privato, negli anni 50, redasse un primo schema dei rapporti familiari dei paperi.

Nel 1995 uno scrittore e collaboratore del Corriere di Ravenna e appassionato di fumettistica e psicologia, Viero Negri Bedeschi, inviò una lettera a Indro Montanelli, all’epoca al Corriere della sera, criticando l’idea della Disney di creare uno schema che rivelasse la nascita dei genitori di Paperino. Secondo Bedeschi “il grande asse portante sul quale e’ riuscita a sfondare la Walt Disney e’ stato proprio nell’evitare di rappresentare figure paterne o materne”, avendo rappresentato una storia “all’ interno della quale i personaggi potessero vivere in una dimensione di libertà”. La risposta di Montanelli fu ironica e intrisa di un probabile criticismo nei confronti della realtà italiana e di elogio nei confronti della società americana: “Dopo aver ricevuto la sua lettera, mi sono domandato: e’ giusto, in nome della tradizione disneyana, privare Paperino dei genitori, Paperina dei suoceri e Qui Quo Qua di due figure in grado di sostituire i nonni? Ci ho pensato a lungo. Paperopoli e’ un buon luogo di vacanza, dopo aver abitato le varie Vergognopoli nostrane (tangenti, affitti, invalidi, esercito). E sono giunto ad una conclusione: il problema non esiste. Se mamma Ortensia e papa’ Quackmore (questi i nomi dei genitori di Paperino) fossero italiani, allora sì, sarebbero guai. Costringerebbero Paperino ad andare da loro ogni domenica, e vorrebbero sapere se ha trovato lavoro; commenterebbero le pettinature di Paperina; pretenderebbero di metter becco (espressione impeccabile, per due paperi) nell’ educazioni di Qui Quo e Qua. Ortensia e Quackmore, invece, hanno tutta l’ aria di essere due veri nonni americani. Passeranno il tempo in Florida, dando allegramente fondo al patrimonio, e spediranno ai parenti una cartolina di tanto in tanto.”

Giulio Nocerino

Classe 90. Fanatico di cinema, musica e calcio; amante di teatro, fumetti, politica, storia, arte, lettura. Laureato in Cinema e Teatro alla Sapienza di Roma, amo scrivere perché dopo un po', a furia di parlare, mi stanco di sentire la mia voce. "Io sono vivo, ma non vivo perché respiro, mi sento vivo solo se sfilo la stilo e scrivo." (cit.)

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