Culture

“Histoire du soldat” di Luca Micheletti

“Histoire du soldat” : la versione originale del 1918 curata e tradotta da Luca Micheletti

Opera da camera in due parti

Histoire du soldat” di Luca Micheletti edito da Enrico Damiani Editore è un libricino di poco più di 200 pagine che trascina il lettore  nelle peripezie del giovane protagonista. 

La penna di Charles-Ferdinand Ramuz e le musiche di Igor’ Fëdorovič Stravinskij ci raccontano la secolare lotta tra l’uomo e il diavolo, catapultandoci in un mondo fiabesco e paradossale, triste e amaro.

Quello dei due artisti fu un meraviglioso sodalizio, che nel 1918 diede vita a “Histoire du soldat” . Su quest’opera Luca Micheletti ha lavorato più volte, come traduttore, regista e attore. Nel periodo del lockdown poi, lo ha ulteriormente approfondito, realizzando un libro che si richiama al copione originale dell’opera. Il suo libro è la prima traduzione italiana del libretto originale del 1918. 

L’idea di Stravinskij

La rivoluzione d’ottobre del 1917 costrinse Stravinskij ad abbandonare la Russia e ripiegare in Svizzera. Qui, in totale povertà, il compositore russo, insieme ad un suo amico, lo scrittore svizzero Charles-Ferdinand Ramuz, anche lui in ristrettezze economiche, decise di realizzare un’opera teatrale ambulante. Con pochi personaggi e pochi strumenti sarebbero andati in giro nei villaggi di tutta la Svizzera per far conoscere l’opera e cercare finanziatori.

Nelle intenzioni di Stravinskij, l’opera doveva essere una storia burlesca da cantare e recitare ispirata alle fiabe popolari russe di Afanas’ev, che il compositore amava particolarmente.

“Histoire du soldat”

La storia parla di un giovane soldato che di ritorno dalla guerra incontra sul suo cammino un diavolo travestito da anziano. Quest’ultimo gli propone uno scambio: il suo libro per il vecchio violino del soldato.  Il libro è magico, specifica il diavolo, e gli permetterà di diventare ricco. Il soldato accetta, ma il diavolo gli dice che per suggellare lo scambio dovrà stare con lui tre giorni. Questo, secondo il diavolo, è il tempo necessario per insegnargli a leggerlo correttamente. Il soldato accetta e terminati i tre giorni torna a casa dalla donna amata, ma qui trova una brutta sorpresa. Il soldato, infatti, si rende conto che il diavolo l’ha ingannato e che in realtà è stato con lui tre anni e non tre giorni. La sua fidanzata, infatti, ora ha un bimbo ed è sposa di un altro. Da qui iniziano per il soldato una serie di amare peripezie. 

Nell’intervista di oggi Luca Micheletti ci racconta di più su questa bellissima versione originale de “Histoire du soldat” da lui curata e tradotta. 

Iniziamo dal titolo: “Histoire du soldat” versione originale del 1918. Ci spiega qual è l’eccezionalità di questo copione e perché non è mai più stato rappresentato?

Si tratta del copione della prima rappresentazione assoluta, avvenuta a Losanna il 28 settembre 1918.  Subito dopo il debutto, il dilagare dell’epidemia di spagnola, rese impossibile realizzare le altre rappresentazioni previste. Stravinskij, com’è noto, aveva dato vita a questo gioiello del teatro musicale da camera a coronamento di un percorso di conoscenza e creazioni a quattro mani con il poeta svizzero Ramuz, conosciuto pochi anni prima.

Dopo il successo di quella prima e unica rappresentazione, per la quale i due autori collaborarono attivamente all’invenzione e alla stesura del copione, Ramuz, in tutta solitudine – Stravinskij ormai era lontano da Losanna – continuò a rielaborare il testo, modificandolo anche radicalmente e, soprattutto, smarrendo molti nessi strutturali con i numeri musicali che erano stati creati per una rigorosa e condivisa modalità esecutiva. Quando, anni dopo, l’Histoire du soldat trovò la via della stampa, Ramuz insisté che venisse pubblicato non il testo originale, ma la sua rielaborazione posteriore. Stravinskij, sulle prime, si oppose, ma poi lasciò che fosse. L’eccezionalità di questa nuova edizione italiana del capolavoro è proprio quella di recuperare quel primo e “originale” copione disperso, nel tentativo di restituire un’idea compiuta di che cosa fosse l’Histoire al suo debutto assoluto. 

Luca Micheletti (foto di Luca Concas)

L’opera nasce in seguito ad un periodo molto difficile per Stravinskij. Nel suo libro c’è anche una parte dedicata ai suoi trascorsi e alle vicende che hanno in qualche modo influenzato e condizionato “Histoire du soldat”?

Io avevo già lavorato sull’Histoire, sia come regista, sia come attore, sia come traduttore (pubblicai anche una traduzione del libretto “canonico” qualche anno fa). L’idea di tornare su questo capolavoro mi è venuta proprio durante i duri mesi del lockdown, l’anno scorso. Lo dico perché il destino di questo titolo è legato strettamente a condizionamenti contestuali: anche per Stravinskij l’elaborazione del testo (di concerto con Ramuz) e della musica fu una sorta di reazione alla triste congiuntura che gli artisti stavano vivendo. Lui, russo, esiliato in Svizzera, di fronte all’inattività dei teatri e alla mancanza di risorse, si risolse a concepire un modo nuovo e “povero” di pensare il teatro musicale.

Certo, non fu un episodio del tutto isolato e personale: tutta una temperie creativa primonovecentesca aveva già indicato la via per una contaminazione fra prosa, musica, danza, all’insegna di un sincretismo sperimentale di cui l’Histoire si può dire il frutto. Ciononostante, l’idea di realizzare, sopra un piccolo teatrino ambulante, uno spettacolo d’arti varie dalla matrice – almeno nelle premesse – popolare, cui dar vita con pochi mezzi e un numero limitato di esecutori, fu intuizione che le circostanze speciali di quel drammatico anno 1918 catalizzarono. Allo stesso modo, poco più di un secolo dopo, io stesso ho pensato all’Histoire poiché stavamo vivendo un periodo di forzata inattività, in cui non si potevano realizzare spettacoli con troppi coinvolti per via del contagio, eccetera.

Sono tornato sui miei vecchi studi legati a quest’opera, ne ho riscoperto la versione ’18, l’ho tradotta e – contemporaneamente – ho realizzato un nuovo allestimento dell’Histoire du soldat al Teatro Alighieri di Ravenna, con le sale ancora chiuse, nel gennaio 2021, destinata alla fruizione televisiva in attesa del pubblico in presenza. E in quest’ultimo spettacolo ho integrato alcune scene cruciali estratte proprio dal copione originale. 

Quando e perché nasce il sodalizio con lo scrittore Charles-Ferdinand Ramuz?

Sia Stravinskij che Ramuz ricordano la loro associazione creativa come una delle più felici della loro vita. Il contesto in cui si sono incontrati l’ho ricordato poc’anzi. Le ragioni del loro sodalizio sono da ricercare però, io credo, al di là delle circostanze storiche, nella particolare affinità di due ingegni diversissimi ma entrambi affascinati dalla cultura popolare, dal repertorio folclorico, dai riti rurali, dalla rappresentazioni di strada. Non va dimenticato che l’Histoire rielabora motivi presenti in alcune antiche narrazioni raccolte da Afanas’ev: si tratta dunque in primis di un mito arcaico che, del resto, ricostruisce a suo modo la vicenda della compravendita dell’anima fra uomo e demonio, avventura che si cristallizzerà nella leggenda di Faust senza mai perdere il suo carattere popolare. Si pensi alla fortuna della storia di Faust, ad esempio, sulla scena dei burattini, dove lo stesso Goethe lo conobbe la prima volta. 

Luca Micheletti (foto di Fabio Anselmini)

L’incontro tra Stravinskij e Ramuz è catalizzato, sul piano creativo, anche da un certo culto condiviso per i linguaggi sperimentali, che – riferendomi un po’ impropriamente anche all’Histoire – vorrei definire più che genericamente “modernisti”, specificamente “cubisti”, poiché attenti a offrire d’un racconto molte prospettive d’indagine contemporaneamente, molteplici visioni sincroniche, continui cambi del punto di osservazione. Questo procedimento è davvero tipico nella narrativa di Ramuz, ed egli lo riporta nell’Histoire associandolo alla musica sghemba, burattinesca, al contempo semplice e difficile di Stravinskij, che scrive non già delle musiche di scena, bensì crea, con la musica, un vero e proprio personaggio tra i personaggi, che potremmo identificare con l’entità Tempo. La musica è il Tempo che avanza, il quale – come avviene nella fiaba del soldato – si comprime e si dilata, viene percepito diversamente da ciascun protagonista, si piega e si modella a seconda del sentimento. 

Nel copione si alternano scene recitate, narrazioni, momenti puramente strumentali e danze. Manca però il canto. Ci può spiegare per quale motivo?

I due autori hanno deciso di escludere la musica vocale dal loro esperimento, ma non se ne conosce un motivo specifico. Forse, essendo la forma dell’opera profondamente debitrice alla casualità delle circostanze, si potrebbe arguire che, nei mesi del suo concepimento, fosse più comodo pensare alla danza – vista la presenza a Losanna dei coniugi Pitoëff, che furono effettivamente coinvolti nella rappresentazione danzando i ruoli del Diavolo e della Principessa – e non invece al canto, in assenza di professionisti all’altezza disponibili.

Si consideri che per i ruoli recitati si fece ricorso ad alcuni studenti universitari che si prestarono a realizzare lo spettacolo. Di essi solo Jean Villard ebbe in seguito una carriera d’attore. L’Histoire si pose fin dall’inizio sotto il segno del fare di necessità virtù, una delle leggi fondamentali della scena di strada, e affiancò all’alto professionismo di alcuni l’approccio in tutto amatoriale di altri. 

Lei è un regista, attore e baritono. Qual è la parte che l’ha emozionata di più di tutto il copione, e perché?

Come racconto nella nota teatrografica che conclude il volume, sono molto debitore all’Histoire du soldat. Sia dal punto di vista drammaturgico che esecutivo mi ha molto sollecitato fin dalla prima volta che ho avuto l’occasione di metterla in scena (a Fermo, nel 2008, con Elio Pandolfi come Narratore: mi piace ricordarlo, a pochi giorni dalla scomparsa). Da allora, sono tornato più volte su quest’opera.

Come accennavo, l’ho tradotta una prima volta insieme a Giusi Checcaglini nella sua forma ormai codificata, poi ne ho dato più versioni da regista e interprete (sia solistiche sia in forma scenica completa), fino all’ultima edizione teatrale ravennate lo scorso gennaio e, ora, a questo nuovo libro che riscopre la versione del 1918. Ho addirittura pubblicato un breve romanzo dedicato a questa storia, edito nel 2015 da Sedizioni. Si chiama Tutta la felicità. L’interesse più forte per quest’opera si deve per me al suo essere un’ennesima versione del mito di Faust – metafora del rapporto dell’artista col mistero – che ho più volte frequentato, tra Goethe, Wedekind, Brecht, Thomas e Klaus Mann…

Una delle grandi leggende della modernità, una sorta di ossessione dell’uomo contemporaneo impegnato nel costante tentativo di superare i propri limiti e, al contempo, nella speculazione morale su quel che ciò comporta. Per concludere, non posso non citare le mie origini di figlio d’arte d’una famiglia di attori girovaghi che per generazioni ha fatto del teatro nomade per le piazze d’Italia, nei circensi padiglioni mobili detti “Carri di Tespi”, una tradizione che i miei portano avanti dalla metà dell’Ottocento. Ritrovare la stessa matrice dentro questo piccolo gioiello senza tempo per me è molto suggestivo, anche a livello personale.

Foto di copertina di Luca Concas

Francesca Amore

Trapiantata a Roma per necessità ma emotivamente ancorata a Napoli, non ha mai smesso di sperare che un giorno ci ritornerà definitivamente. Laureata all?istituto Universitario Orientale in lingue slave , si occupa di traduzioni dal russo e dal polacco. Giornalista pubblicista dal 2005, è appassionata di arte e letteratura in genere, ma di quella russa in particolare. Ama scrivere sugli argomenti più disparati perché di indole curiosa.Generosa, impulsiva e sincera, non ama le persone intellettualmente disoneste, ma si sa, il mondo è bello perché è vario, ma intanto? io mi scanso.

Condividi
Pubblicato da
Francesca Amore

Articoli Recenti

Napoli a confronto con Roma e Milano sulla Città dei 15 minuti

La premessa è il consolidamento dell’alleanza tra le Amministrazioni comunali delle principali città italiane sul… Continua a leggere

29 Aprile 2024

Quarant’anni di catastrofi climatiche in Asia: lo studio scientifico per spiegarne le cause

Gli ultimi 40 anni sono stati segnati da una serie di catastrofi climatiche sempre più… Continua a leggere

29 Aprile 2024

Carlo Ancelotti: Il Maestro in Campo

Prima di conquistare successi memorabili dalla panchina, Carlo Ancelotti ha calcato i campi da gioco… Continua a leggere

29 Aprile 2024

Giocatori musulmani nel mondo dello sport: talento e diversità

Con il loro impegno, talento e diversità, i giocatori musulmani incarnano i valori universali dello… Continua a leggere

29 Aprile 2024

ReNAgade Therapeutics conferma il proprio impegno verso GanNA Bio e la biologia dei glicani

Ulteriori investimenti consolidano la piattaforma di somministrazione di ReNAgade con l'esclusiva piattaforma di coniugazione basata… Continua a leggere

29 Aprile 2024

Legge sull’oblio oncologico: le novità

Passo in avanti per la legge sull'oblio oncologico con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della… Continua a leggere

29 Aprile 2024

Questo sito utilizza cookie di profilazione tecnici e di terze parti per rendere migliore l'esperienza d'uso degli utenti. Continuando la navigazione e/o accedendo a un qualunque elemento sottostante questo banner acconsenti all'uso dei cookie. Per saperne di più, clicca su " Desidero più informazioni su Cookie e Privacy", per la Cookie Policy dove è possibile avere informazioni per negare il consenso all'installazione dei cookie e sulle nostre politiche in termini di Privacy Policy

Leggi di più