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Il cambiamento climatico contribuisce agli estremismi più violenti

Le proteste e i conflitti violenti in Siria che originariamente hanno avuto inizio nel 2011 hanno colto di sorpresa gli analisti americani specializzati in tema di sicurezza. All’inizio della primavera araba, il Dipartimento di Stato americano aveva classificato la Siria tra gli ultimi Paesi tra quelli del Medio Oriente e del Nord Africa che avrebbero potuto con maggiore probabilità registrare gli sconvolgimenti che poi si sono verificati. Cinque anni dopo, abbiamo un Paese irrimediabilmente devastato dalla guerra, l’area è occupata dall’Isis e si è verificata la più grande crisi di rifugiati dalla Seconda Guerra Mondiale.

Gli analisti non avrebbero dovuto essere così sorpresi. Tre anni prima, un funzionario siriano aveva pubblicato un duro briefing di avvertimento destinato ai colleghi degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite sulla presenza delle condizioni per una “tempesta perfetta” che avrebbe potuto minare la stabilità del suo Paese.

Il presidente siriano Bashar Assad aveva soffocato i diritti umani, la democrazia e le opportunità economiche per molti anni (con i governi occidentali complici), ma non era quello il tema più preoccupante. Il fattore veramente destabilizzante era la siccità. A partire dal 2006, il nord della Siria ha vissuto la peggiore siccità della sua storia moderna, per la sua durata e gravità insolita, probabilmente causata dai cambiamenti climatici del pianeta. Ad aggravare gli effetti della siccità, il governo ha contributo gestendo per anni in modo deplorevole le risorse acquifere del paese,privilegiando colture ad alto consumo d’acqua e permettendo che i livelli delle acque sotterranee si esaurissero. Gli agricoltori poveri sono così stati lasciati con il nulla dopo che i loro raccolti erano andati perduti. L’agricoltura è collassata.

A quel tempo, Abdullah Bin Yehia, rappresentante della Siria all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Unfao), pregò per ottenere maggiori aiuti in modo da aiutare gli agricoltori nel nord-est. Secondo un documento classificato su Wikileaks, un funzionario del Dipartimento di Stato a Damasco scrisse alla Cia e al Dipartimento della Difesa americano: “Se gli sforzi della Unfao falliscono, Yehia prevede una migrazione di massa da nord-est, che potrebbe fungere da moltiplicatore delle pressioni sociali ed economiche già in atto”. Yehia predisse come questa “distruzione sociale” avrebbe portato ad una instabilità politica nelle principali città occidentali della Siria, Damasco e Aleppo.

Con il senno di poi è facile prevedere quello che si è poi verificato, ma Yehia è stato preveggente. No, né il cambiamento climatico né la siccità hanno causato la guerra in Siria (o l’Isis, come il senatore Bernie Sanders ha cercato di rivendicare, dicendo: “il cambiamento climatico è direttamente correlato alla crescita del terrorismo”). Sono la corruzione, le violazioni dei diritti umani e la povertà che hanno portato a quello che si è verificato. Ma la siccità in Siria ha catturato tensioni che covavano da decenni e le ha fatte dilagare molto rapidamente.

Redazione CinqueColonne

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