Recensione ad un volume verbovisuale scritto a quattro mani, con poesie di Stefano Vitale e immagini di Albertina Bollati
Incerto confine è un volume realizzato a quattro mani, quelle del poeta e critico letterario Stefano Vitali, che ci offre la parte verbale con una serie di poesie, e quelle di Albertina Bollati, fotografa, disegnatrice, illustratrice di loghi, copertine, libri che delle poesie ci offre una lettura fatta di immagini che inglobano piccoli lacerti dei testi di Vitale:
Lyrische Suite
Una lama di coltello
taglia il pane secco
universo che si sbriciola
polvere di vita sotto scacco.
Il tempo si raggruma
buccia d’arancia spremuta
c’è chi beve il succo
chi porta via i cadaveri.
Si resta sempre altrove
dice la nera figura
chiusa nel mio occhio:
un essere remoto o la paura?
C’è chi vive rarefatto
felice nell’evaporare
senza sporgenze di roccia da afferrare.
Suprema libertà senza figura.
Quali sono, dunque, le tematiche di questo libro d’artista? Secondo Vittorio Bo, autore dell’introduzione, «versi e i colori di Albertina e Stefano disegnano un percorso possibile, concreto, ispirato, di questa ricerca attraverso la creazione di un loro vocabolario.
Prima di tutto, la Parola, come in alfabeto muto dove alla ricerca della trasparenza di significato si oppone l’incertezza, l’imperfezione, l’attesa che giunge al termine della raccolta in modo inequivocabile: La chiave è nella Parola. Perché la parola rappresenta la forza di opporsi ai muri, il disperato desiderio di conoscere, la volontà di essere con gli altri».
Nel leggere la prima poesia (p. 8), Chiudere i porti, da una sottile ironia, ma su un argomento delicato e umanitario, come quello dell’emigrazione di popoli che navigano il Mediterraneo (sempre più spesso in condizioni precarie e mortali: quanti morti annovera il nostro mare!) per un porto sicuro dove ricominciare a vivere, si erge un grido di protesta, che ha un solo colore: quello della solidarietà per i nostri fratelli più sfortunati:
[…]
Chiudere i porti per non incontrare
l’orrore di occhi naufraghi in mare
di corpi salvati piegati dal sole
stremati da guerre monete sonanti
del nostro silenzio di barbari stolti.
sul mare-sepolcro di cenere e sangue
le ombre dei morti sono gelate
scure radici senza più storia
deserto di mani e orecchie mozzate.
[…]
I versi e la loro concretizzazione, senza enfasi né oblio, ma crude quanto pungenti, attraverso i disegni della Bollati (semplici ma pieni di colore, di luce, di apertura) aprono luoghi e sensazioni che neanche il frenetico e veloce tempo riesce ad allontanare, che si incamminano verso nuovi orizzonti, uscendo dai confini degli stereotipi, curiosi di conosce la vita, attraverso ‒ appunto ‒ le piccole cose, i piccoli gesti, come una scritta su un muro con una grafia nervosa, brevi frammenti di parole apparentemente semplici che, oltre ad abbattere gli stessi muri, dissolvono i confini, non solo fisici ma soprattutto mentali, per una storia che ci accomuni e non ci divida.
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