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L’immunologia napoletana e l’Antartide

Lo scorso 18 novembre, ha avuto inizio la XXXIII spedizione Antartica finanziata dal PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) che comprende la permanenza di un equipaggio composto da 13 membri, di cui 7 italiani, 5 francesi e un’austrica, presso la stazione scientifica italo-francese Concordia sul plateau Antartico ad un’altitudine di 3220 m s.l.m. Nell’ambito di questa spedizione si inserisce lo studio di un gruppo di immunologi dell’Istituto di Biochimica delle proteine del CNR di Napoli, coordinato dalla Dott.ssa Maria Rosaria Coscia, che si avvale della collaborazione del Dott. Umberto Oreste, precursore degli studi sull’evoluzione adattativa del sistema immunitario dei teleostei antartici.

Il progetto è nato dall’idea che lo studio del rapporto tra stress e sistema immunitario può trovare un valido campo di esplorazione nelle condizioni estreme dell’ambiente Antartico. Esistono numerosi studi che relazionano lo stress (psicologico, termico, nutrizionale o da affaticamento fisico), all’ abbassamento del livello delle difese immunitarie, rendendo, così, l’organismo dell’individuo stressato più suscettibile a contrarre infezioni batteriche e virali. Il tema non è di poco conto in quest’alba del secondo millennio, che vede aumentati terribilmente i ritmi di lavoro e velocizzate le comuni attività quotidiane. Allora, è sembrato opportuno al gruppo della Dott.ssa Coscia studiare le condizioni di stress dell’ambiente più estremo del pianeta, quello del plateau Antartico, dove le condizioni ambientali sono davvero uniche: la temperature media è di -52,7 °C; a causa dell’elevata altitudine c’è bassa concentrazione di O2; si è maggiormente esposti ai raggi UV e ai campi magnetici; c’è da adattarsi a lunghi periodi di buio (6 mesi di buio completo) ed a un isolamento prolungato (8-9 mesi).

Attualmente, si hanno a disposizione solo pochi dati in materia, raccolti in passato durante le brevissime campagne estive in Antartide, a livello del mare e a temperature relativamente alte (+4 °C). Risulta, quindi, molto utile raccogliere informazioni in un periodo di tempo molto più lungo ed in condizioni ambientali più estreme, quali quelle esistenti a Concordia.

Per comprendere gli effetti dello stress ambientale sul sistema immunitario dell’uomo, il progetto prevede il monitoraggio nel sangue e nella saliva, dei livelli degli anticorpi delle diverse classi, e quelli di alcuni mediatori dell’infiammazione. A tale scopo è di notevole sostegno la collaborazione dell’equipe medica dell’Agenzia Spaziale Europea e la collaborazione dei membri dell’equipaggio che, su base volontaria, si presteranno a prelievi periodici di sangue e saliva. Al termine del progetto, che durerà due anni, i risultati ottenuti potranno essere utili nel campo della chirurgia e della medicina d’urgenza per assistere pazienti sottoposti a stress fisico e psicologico, condizione questa spesso complicata da ipossia dei tessuti.

Inoltre, le condizioni di stress a cui sono sottoposti i membri della spedizione simulano molto bene quelle vissute durante le esplorazioni spaziali, tanto da definire le stazioni scientifiche più “estreme” in Antartide, come Concordia,: “Pianeta Marte bianco”. Di conseguenza, molti degli studi condotti a Concordia potranno essere utilizzati in preparazione alle missioni spaziali. Appena disponibili risultati, anche parziali della ricerca, saranno trasmessi alla comunità scientifica nonché alla stampa; per il momento i migliori auguri vanno ai 13 da poco partiti.

Redazione CinqueColonne

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