Culture

L’economia di Clara di Pierangelo Dacrema

L’economia spiegata anche agli adulti con un linguaggio semplice e coinvolgente

L’economia spiegata anche agli adulti con un linguaggio semplice e coinvolgente

Breve viaggio nella scienza del quotidiano

L’economia di Clara di Pierangelo Dacrema edito da Rubbettino è un libro affascinante sull’economia, raccontata in modo semplice e attraente da Clara, una piccola bimba di 10 anni. Attraverso la sua giovane protagonista, Pierangelo Dacrema accompagna i lettori in un viaggio unico e poco esplorato: l’economia. 

“L’economia attraversa la vita di tutti, e quindi anche la mia. Da quando mi sveglio la mattina fino a quando mi addormento la sera l’economia non si ferma, è sempre viva. E non smette mai di intrecciarsi con quello che faccio” dice Clara. 

Con un linguaggio semplice, l’autore si rivolge anche ad un pubblico adulto con l’obiettivo di scardinare pregiudizi e avvicinare ad una materia ricca di fascino, perché onnipresente in tutto ciò che facciamo.

Pierangelo Dacrema è docente di lungo corso e tratta l’economia come una scienza dello spirito. Nato nel 1957, si è laureato alla Bocconi nel 1980 e ha insegnato in numerose Università italiane tra cui l’Università Cattolica di Milano, l’Università di Bergamo e di Siena, la Nuova Accademia di Belle Arti (Naba) di Milano, la Boconi di Milano e l’Università di Messina. 

Attualmente insegna all’Università della Calabria e tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo : C’era una volta una scienza triste, Jaca Book, 2015; La morte del denaro. Una lezione di disciplina, Jaca Book, 2016;  Etica dei vizi (Rubbettino 2019) Sognando l’Europa. Grande statista cercasi, All Around, 2019.

Abbiamo scelto di parlare de L’economia di Clara di Pierangelo Dacrema perché il libro è soprattutto un libro sui valori e sulla vita. L’economia nasce dal pensiero e dai gesti di ognuno di noi e non si può parlare d’economia senza entrare nel mondo delle emozioni, delle sensazioni e dei sentimenti.

L’economia di Clara di Pierangelo Dacrema

L’economia di Clara è un libro che solo apparentemente si rivolge ai giovani, in realtà è indirizzato anche ad un pubblico adulto. Perché ha scelto di parlare agli adulti di economia con parole semplici proprio come si fa con i più piccoli? Secondo lei gli adulti conoscono poco e male la materia?

Ho scritto un libro d’economia per bambini perché giudico una lacuna abbastanza grave del nostro sistema scolastico il fatto che, fin dalle scuole elementari, non si parli di una disciplina, come quella economica, che corrisponde a una dimensione della vita di tutti tanto vasta quanto cruciale. Il libro si rivolge anche agli adulti nella speranza che la lettura venga affrontata e guidata dai genitori accanto ai loro figli. E, in effetti, ho cercato di portare avanti un discorso per adulti, trattato con un linguaggio per bambini, nella convinzione che anche molti adulti sappiano ben poco dell’A, B, C del fatto economico. Con l’aggravante che questo A, B, C è costituito da alcuni, pochi, concetti fondamentali squisitamente economici: concetti semplici ma, proprio in quanto tali, piuttosto difficili. Soprattutto, difficili da spiegare con un linguaggio comprensibile a chiunque. (La verità è che la semplicità, obiettivo ambito e apprezzabile in ogni campo, è quanto di più difficoltoso vi sia da ottenere e spesso anche da comprendere).

Clara, la bimba di 10 anni, protagonista del suo libro si entusiasma quando le viene spiegato che tutto ciò che ci circonda è intriso di economia, da quando ci alziamo al  mattino fino a quando ci corichiamo. Il suo libro è anche un modo per avvicinare i più riluttanti ad un argomento che sembra freddo e poco legato alla nostra sfera emotiva?

E’ vero. Ho cercato di ridare dignità e vitalità a quella che Thomas Carlyle definì dismal science – “scienza triste” -, e ciò a motivo, in particolare, della piega pessimistica che la disciplina aveva preso sotto l’influenza di T. R. Malthus (un teologo e matematico inglese che, verso la fine del diciottesimo secolo, aveva diffuso il timore che l’incremento demografico avrebbe portato al progressivo impoverimento dell’umanità). Ci è oggettivamente arduo, nella nostra esperienza quotidiana, distinguere con precisione ciò che è economico da ciò che non lo è. E questo perché l’economia è fusa e confusa con il resto della nostra esistenza. Per questo stesso motivo l’economia è materia affascinante e misteriosa, proprio come lo è la vita. Si crede che l’economia sia fatta soprattutto di numeri, di calcoli, equazioni e disequazioni costruite su quantità prevalentemente monetarie. Nulla di più falso. In economia il pensiero è azione, con la mediazione della volontà. C’è dentro tutta la nostra capacità di pensare e premeditare, desiderare e decidere, volere e agire di conseguenza. L’uomo economico è un centro di emozioni. Solo una buona filosofia può prefiggersi lo scopo di avventurarsi nella complessità delle sue sensazioni e dei sui ragionamenti. Non a caso il primo grande economista della storia è stato Adam Smith, un professore di filosofia morale.

Nel suo libro Clara ci racconta che l’economia esisteva già nel paleolitico e che non era legata ai soldi. Ci può spiegare brevemente questo concetto?

L’economia esiste da quando l’uomo è comparso sulla faccia della terra, e quindi da ben prima del paleolitico (sono convinto che sia estremamente interessante lo studio del comportamento degli animali diversi dall’uomo, ma è questione da etologi; io mi occupo d’economia, che è prerogativa degli uomini). L’uomo dell’età della pietra ha lasciato in eredità ai suoi discendenti un futuro più vivibile del suo presente, e questo in assenza di fatture, scontrini e ricevute fiscali. Senza un’economia dei soldi – senza denaro – si è compiuto un progresso enorme, si è fronteggiato un passato irto di ostacoli e di pericoli per guadagnarsi un futuro ricco di invenzioni e di strumenti che ci hanno aiutato a sopravvivere e a vivere meglio. E’ un dato che dovrebbe stimolarci a riflettere. Oggi, la nostra economia monetaria – troppo monetaria – ci porta a credere che il fatto economico si esaurisca nel denaro, che il denaro sia tutto, il vero obiettivo, non più mezzo ma fine individuale e collettivo. Di nuovo, nulla di più falso. Continuiamo, in realtà, a vivere della produzione di beni e servizi, di eventi e di gesti in assenza dei quali il denaro – la moneta – perderebbe qualsiasi valore e significato. La moneta, oggi, è l’efficienza dell’economia, la forma di velocità su cui viaggia tutto il sistema. Ma è giunto il momento di chiedersi se ci si possa accontentare di essa, se sia sensato considerarla la soluzione di ogni problema, e se non si debba piuttosto andare alla ricerca di qualcosa di più sofisticato, di più evoluto, di qualcosa che potrebbe portarci più velocemente altrove. La ruota è stata una grande invenzione, ma è diventata inutile quando si è deciso di andare sulla luna.

In L’economia di Clara lei affronta temi importanti, che investono tutti i campi del nostro quotidiano A Clara viene spiegato perché c’è povertà e povertà, cos’è la moneta e perché, ad esempio, le quotazioni di alcuni quadri arrivano alle stelle.  Secondo lei abbiamo una visione ristretta del concetto di economia? E se sì, da cosa dipende?

A proposito di una visione ristretta dell’economia – e per rispondere alla sua domanda -, provo a fare un esempio. Che cos’è l’arte se non la parte eccellente dell’economia? Il paradigma costitutivo dell’arte, infatti, è identico a quello dell’economia: pensiero, volontà, azione. Tra un prodotto artistico e un qualunque altro prodotto c’è una differenza d’intensità, di grado, ma non di natura. Si tratta in entrambi i casi di oggetti – o di eventi – frutto dei gesti degli uomini, con la sola distinzione che, nel caso dell’arte, un’”artigianato” d’altissimo livello ha trasformato un prodotto economico in un risultato artistico. E l’arte, come sappiamo, scatena il desiderio di possesso, che può diventare la base di prezzi elevatissimi. Poi, quanto alla povertà, va distinta quella che è frutto di una scelta individuale o collettiva consapevole, deliberata, a favore di una vita morigerata – di uno stile di vita privo di comodità e di fronzoli -, da quella che è un’indigenza subita dolorosamente, sperimentata come una situazione incresciosa, imposta da condizioni sbagliate e ingiuste, circostanze che un buon sistema economico e sociale dovrà essere sempre pronto a riconoscere e contrastare. Anche quella del buon governo è un’arte: un’arte che, più che di moneta, ha bisogno di decisioni illuminate, di un pensiero lucido e sensibile al bene comune, nonché di un’azione efficace volta a realizzarlo.

Lei ha al suo attivo numerose pubblicazioni, L’economia di Clara è l’unico ad avere questo approccio diciamo …“friendly” alla materia o ce ne sono altri? E se sì, quali?

A questo riguardo suggerirei Il miracolo dei soldi. Come nascono, dove vanno, come si moltiplicano, ETAS, 2010 – una storia del denaro come concetto ontologico, differente dalla moneta, che è un oggetto sociale -, e Marx e Keynes. Un romanzo economico, Jaca Book, 2014, un vero e proprio romanzo di cui sono protagonisti i grandi Karl Marx e John Maynard Keynes, resuscitati per magia ai giorni nostri, in dialogo sereno e aperto tra di loro, disposti a spiegare in modo chiaro e con linguaggio accessibile a tutti le loro affascinanti teorie. 

Francesca Amore

Trapiantata a Roma per necessità ma emotivamente ancorata a Napoli, non ha mai smesso di sperare che un giorno ci ritornerà definitivamente. Laureata all?istituto Universitario Orientale in lingue slave , si occupa di traduzioni dal russo e dal polacco. Giornalista pubblicista dal 2005, è appassionata di arte e letteratura in genere, ma di quella russa in particolare. Ama scrivere sugli argomenti più disparati perché di indole curiosa.Generosa, impulsiva e sincera, non ama le persone intellettualmente disoneste, ma si sa, il mondo è bello perché è vario, ma intanto? io mi scanso.

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Francesca Amore

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