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No alla responsabilità solidale nella chirurgia plastica

«La situazione attuale è insostenibile e il rischio reale per i pazienti è che nessuno li risarcisca nel caso in cui subiscano un danno in sala operatoria». È la denuncia dei chirurghi plastici dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe) che hanno inviato una lettera a ministri e giudici di Tribunale per esprimere una solida protesta contro una norma che calpesta i diritti dei medici e dei pazienti, al tempo stesso.

«Per legge ogni chirurgo plastico ha l’obbligo di stipulare un’assicurazione per la responsabilità professionale – scrivono i chirurghi di Aicpe -. Le polizze richiedono premi elevatissimi, che oscillano tra i 15 e i 20mila euro annui, tariffe queste difficilmente sostenibili in special modo per i professionisti più giovani».

Il quadro peggiora in quanto «nell’ultimo periodo un numero crescente di chirurghi plastici segnala di subire condanne civili “solidali” e cioè condivise con l’equipe o altri colleghi con cui hanno operato o con la struttura, quindi la clinica o l’ospedale, strutture queste che spesso sono sprovviste di assicurazione non essendo obbligati per legge a stipularla».

I recenti orientamenti della Corte di Cassazione sostengono che attribuire una responsabilità solidale, e cioè estesa a tutti i soggetti coinvolti nell’intervento chirurgico, sia l’unica soluzione idonea a garantire il risarcimento per il paziente: ciò implica che l’errore del singolo si riverbera su tutti gli operatori che partecipano all’intervento (altri chirurghi plastici, anestesisti…) oltre che sulla struttura.

«Il risultato di questo scenario è che, per il principio della responsabilità solidale, un soggetto rischi di dover pagare per tutti, anche per errori che non ha commesso. Ad aggravare questo contesto esiste un’altra situazione che inficia la validità del principio di “condanna solidale” : tutte le assicurazioni coprono solo la quota di responsabilità dell’assicurato, con esclusione di ogni responsabilità derivata in via solidale».

Quindi in caso di condanna esiste il rischio che la compagnia possa per legge rifiutarsi di pagare il danno al paziente. «Ciò renderebbe la polizza per responsabilità professionale del tutto inefficace, con conseguente danno sia per il professionista, non tutelato, sia per il paziente, che il più delle volte non vede riconosciuto il suo diritto al risarcimento» afferma ancora Aicpe.

La richiesta di Aicpe al mondo della politica e ai Tribunali è quindi di «fare chiarezza» per evitare che «avvenga, in termini più diffusi, quello che già sta avvenendo: ovvero che i medici da un lato si assicurino perché costretti dalla legge, e dall’altro, in considerazione del rischio di non operatività della polizza, si spossessino di qualunque proprietà per evitare una rivalsa sui loro beni personali ingiusta in quanto conseguente al rifiuto di rimborso da parte della compagnia assicurativa». La conseguenza ultima di questo processo vizioso ricadrebbe sui i pazienti i quali non vedrebbero, in caso di giusto risarcimento, riconosciuti i loro diritti e, dopo lungo tempo perso e alti costi investiti in una causa risarcitoria, non otterrebbero alcun risultato. 

«Voltaire sosteneva che la civiltà di un popolo si misura dalle sue carceri, ma anche dall’efficacia e dalla funzionalità della giustizia» aggiungono i chirurghi plastici di Aicpe.

Redazione CinqueColonne

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