Categorie: Culture

POSTAMI IN BACHECA UN BUON LIBRO

L?utilizzo dei social network da parte degli scrittori. Alcune domande a Salvatore Luca d'Ascia Tre verbi inesistenti circa dieci anni fa...

Tre verbi inesistenti circa dieci anni fa: postare, taggare, twittare. Li abbiamo masticati e metabolizzati, li utilizziamo quotidianamente e non spaventano più. I neologismi digitali, tuttavia, non scorrono senza problemi per chiunque, specie per certi scrittori. Prendete questa frase: «Twitter è stupido: uso la tecnologia ogni giorno, ma non credo che renda il mondo migliore».

E’ passato oltre un anno, ormai, da quando Jonathan Franzen – statunitense, 54 anni, 4 romanzi, inserito dal New Yorker tra i venti scrittori più importanti del XXI secolo – ha esordito con una celebre dichiarazione che ha suscitato le ironie dei suoi colleghi (Goditi la tua torre d’avorio, twittato da Salman Rushdie). Del resto Franzen aveva già bocciato Facebook, ammettendo di detestarlo. Ma come, ci si è chiesti, che senso ha per uno scrittore fare la guerra ai social network? Non sono vetrina e condivisione, interazione continua con i propri lettori? Franzen ha argomentato la sua affermazione imputando al sistema dei social network un’ uniformità di pensiero crescente e dilagante tra le persone. Non sono creativi? Certo, dice, ma anche un buon libro lo è, ed apre le porte alla fantasia più sfrenata.

Non tutti gli scrittori contemporanei sono  polemici nei confronti di blog e social network, e le posizioni sono molto differenti. C’è chi utilizza le piattaforme digitali poco (Baricco, 4 tweets negli ultimi 6 mesi, nessun contatto Facebook); chi lo fa con regolarità (Erri De Luca, presente su Facebook e Twitter); chi gioca su più piattaforme (Faletti, Facebook, canale Youtube e Spotify); chi gioca con più identità (Carlo Lucarelli, tre profili privati su Facebook); chi ha raggiunto il massimo delle amicizie possibili e non potrà accettarvi (Fabio Volo).

Sul tema, abbiamo posto alcune domande a Salvatore Luca d’Ascia, vincitore del concorso  letterario La Giara, edito dalla ERI edizioni Rai, con il suo romanzo Supersonico.

Secondo lei, che importanza rivestono, o potrebbero rivestire, i social network per uno scrittore

Le piattaforme digitali rivestono un‘importanza estrema, ma non perché rendono lo scrittore raggiungibile dai propri lettori. Lo scrittore deve poter essere distante, questo fa parte della magia; del resto, perché pensare ad uno scrittore come un fenomeno locale e temporaneo? Egli è eterno proprio perché lontano, tradotto nelle lingue e nel tempo. Come faccio a contattare uno dei miei miti, Ryu Murakami? E gli scrittori morti? E i Wu Ming? Il concetto è ancora più profondo. Lo scrittore non è una star, dev’essere anonimo e umile, deve vivere solo in funzione delle proprie storie. E’ invisibile. Sono le storie ad essere importanti, non l’autore e il suo parere. I social, dunque, sono fondamentali, ma solo perché con loro ci si deve confrontare. Se rendono le persone stupide? Rendono le persone stupide ancor più stupide, perché alla stupidità non c’è limite, ma le intelligenti rimangono tali. Senza dubbio, poi, falsano la vita: alterano i rapporti, il metro di misura del mondo, la concezione del tempo; riducono la sensibilità dell’individuo, ingannano e infastidiscono, innervosiscono e strumentalizzano, disperdono. Questo avviene con molti altri strumenti, perché la stupidità da sempre trova metodi per incrementare se stessa, imponendo giustificazioni al suo esistere. Siamo nel 2014: non è possibile pensare di narrare senza confrontarsi con argomenti preponderanti del nostro quotidiano. Lo fanno i nostri lettori; quindi, obbligatoriamente, dobbiamo farlo noi.

Vent’anni fa per uno scrittore emergente farsi leggere era, probabilmente, più difficile di oggi. La rete offre spazi per l’autopromozione, spesso gratuiti. Cosa ne pensa?

Chi scrive non è uno scrittore: è uno con una penna o un pc. Parlando di scrittori ritengo esatto il contrario: vent‘anni fa era estremamente più facile farsi leggere. Lo scrittore era un mestiere codificato e presupponeva una preparazione basale maggiore che corrispondeva a riscontro, dignità, professionalità, criticità. Adesso tutti credono di essere “scrittori”: politici, giornalisti, opinionisti, V.I.P, attori, calciatori, veline, comici. Istant book creati da editor durano una stagione e, purtroppo, creano emulazione. Ma nella vera scrittura a chi importano gli spazi di serie C, in rete ed autopromossi? Basta col buonismo: uno scrittore emergente è colui che ha pubblicato diversi libri con editori dignitosi in migliaia di copie, pagato per il suo lavoro, con un distributore adeguato e che produce un‘opera all’anno trovando riscontro, poiché la fortuna aiuta solo le menti preparate. Gli altri sono solo blogger e a loro è concesso tutto il web del mondo.

I nuovi alfabeti digitali ci stanno cambiando. C’è chi sostiene che la fruizione di scrittura web, in dosi significative, ci starebbe disabituando alla lettura del romanzo tradizionale. Se fosse vero, ci sarebbe da chiedersi il destino del libro nella sua veste tradizionale. Come si conciliano le 140 battute di Twitter con i 14 capitoli di un libro? Non paragonerei twitter ad un libro. L’evoluzione della scrittura è un fenomeno ovvio, concreto e ciclico. A me piace, lo cavalco. Sogno i sogni di Gibson: scritture tridimensionali, fantascientifiche, empatiche e ancora oltre, con finali differenti e aperti. Tridimensionalità, musica, immagini, film da leggere. Lo faccio perché vivo la modernità e ad essa mi adatto, in essa spero. Quando si scrive un libro lo si fa sul pc, ma quando si fa editing si rilegge il cartaceo, perché il libro sarà stampato e i tempi di lettura sono differenti. Se scrivo un e-book, invece, effettuerò esattamente l’inverso e possibilmente sceglierò un genere compatibile con quel tipo di lettura: ad esempio, il mio amato cyberpunk.

Dopo la premiazione di “Supersonico” il suo rapporto con i social-network è cambiato? Non nel profondo, non nei pareri e nelle analisi. Anche se nella pratica ho dovuto blindarmi di riservatezza, chiedendo che fossero create sui social e sul web fan page differenti dalla mia personal page. Ma questa è solo educazione.

Eugenio D'Alessio

Napoli, luglio '87: due mesi prima gli Azzurri vincono lo scudetto, lui arriva in ritardo. Una laurea in Storia contemporanea, ma scopre che la Storia non si ripete. Poi redazioni, blog, libri, ciclismo, molti aerei, un viaggio di 10mila km in camper in capo al mondo. Per dimenticare quel ritardo, sta provando di tutto.

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