Categorie: Culture

Premio Strega: la letteratura rivisita l’impegno

La cinquina finalista della 72esima edizione del Premio Strega, che verrà assegnato il 5 luglio al Ninfeo di Villa Giulia a Roma, votata da 400 giurati e annunciata a Casa Bellonci a Roma, vede una maggioranza di scrittrici donne nella classifica.

 Al primo posto della classifica per il Premio Strega 2018 c’è la scrittrice italo-tedesca Helena Janeczek, 54 anni, che ha ottenuto 256 voti con il suo La ragazza con la Leica (Guanda)

 Secondo classificato è Marco Balzano, 40 anni, già vincitore del Premio Campiello 2015. Il suo romanzo Resto qui  Einaudi)  ha ottenuto 243 voti.

Sandra Petrignani, 65 anni, si colloca al terzo posto con 200 voti grazie a La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg (Neri Pozza).

Lia Levi, 86 anni, al quarto posto con 173 voti. Già Premio Strega Giovani, con il suo Questa sera è già domani (edizioni E/O) La sua vittoria ci fa ben sperare su ciò che i giovani cercano nella letteratura. Il premio è assegnato da una giuria di studenti di età compresa tra i 16 e 18 anni, provenienti da circa 50 scuole secondarie superiori distribuite in tutta Italia e all’estero.

 Quinto e ultimo posto con 151 voti per Carlo D’Amicis, 54 anni, con il suo Il gioco(Mondadori).

 

Quest’anno, i romanzi scelti per il Premio Strega, e non solo i finalisti e la rosa della cinquina selezionata, mostrano in generale una significativa svolta per quanto riguarda le tematiche scelte, moltissime di forte impatto sociale, unendo nella narrazione problematiche esistenziali e problematiche sociopolitiche che ripropongono una letteratura dell’impegno di cui sembrava essersi persa la traccia tra arditi sperimentalismi e autismi emozionali. Altro dato rilevante è una scrittura che si è assunta magistralmente il peso della narrazione sia dal punto di vista formale che dei contenuti.

Non potremo qui darne che brevemente un cenno di quelli che ci sono parsi più interessanti, invitando i nostri lettori ad avventurarsi tra le pagine per una lettura personale e attenta.

Da mettere in particolare risalto ci sono parsi, oltre i finalisti della cinquina, i romanzi: Sangue giusto di Francesca Melandri edizioni Rizzoli; La madre di Eva di Silvia Ferreri, edizioni Neo; Il figlio prediletto di Angela Nanetti, edizioni Neri Pozza; Le stanze dell’addio di Yari Selvetella, edizioni Bompiani.

La caratteristica comune di questi romanzi è la potenza narrativa che ci coinvolge esteticamente e emozionalmente nelle vicende narrate, nel dramma dei personaggi ben delineati nella loro storia personale che spesso si intreccia con la grande Storia di tutti, e sia le storie personali che quelle della comunità sono rappresentate senza barocchismi letterari, senza compiacimenti pietistici pur entrando nella profondità di esperienze così dolorose da sembrare inenarrabili. Eppure i nostri autori, ognuno con il suo stile personale, la sua identitaria visione del mondo, raccontano l’impossibile dell’esperienza umana.

I romanzi in cui più fortemente le storie personali dei protagonisti si innestano nella storia dolorosa e irrisolta del nostro paese sono per noi La ragazza con la leica, Sangue giusto, Questa sera è già domani e Resto qui.

 

La ragazza con la Leica, di Helena Janeczek,tra i cinque finalisti, che ha ottenuto fino ad ora il punteggio più alto dalle varie giurie, a parte la giuria giovani, è Gerda Taro, nata Gerta Pohorylle: una ragazza intelligente e spregiudicata della borghesia ebraica di Stoccarda, che lotta contro il nazismo per amore di un uomo e della libertà, che fotografa con la sua leica un mondo stravolto e incomprensibile per denunciarne gli orrori e trovare un senso all’esistenza.  La sua esuberanza, la sua determinazione, la sua sete di vita percorrono le pagine del libro come un turbine che dà senso e valore a ogni cosa che cade sotto il suo sguardo e il suo obbiettivo; la sua esperienza esistenziale si intreccia con quella del fotografo Robert Capa in un rapporto ineffabile. Gerda ci si mostra nel percorso memoriale che tre testimoni della sua vita vanno facendo man mano e mentre la descrivono, la evocano, la fanno agire sotto i nostri occhi raccontano la giovinezza di una generazione che ha bruciato anni, ideologie, sogni e esperienze nel fuoco distruttore delle dittature europee del Novecento, nel fascino della bohème parigina, nella guerra di Spagna, nella diaspora e genocidio degli ebrei. Il romanzo si muove continuamente tra il ricordo personale dei protagonisti e l’affresco corale in cui la Storia li ha inseriti.

 

Nel secondo libro, Sangue giusto di Francesca Melandri, attraverso la storia di Attilio Profeti, classe 1915, sua figlia Ilaria scopre, nel momento in cui lui sembra perdere la memoria del suo passato, i segreti di un uomo ormai malato e incosciente di sé che gli risulta sconosciuto pur se familiare. Si delineano nel romanzo l’infanzia paterna durante il fascismo, la guerra d’Etiopia, il genocidio di un popolo, l’amore per una donna etiope e il figlio avuto da lei ma mai riconosciuto. Attraverso la complessa e contradditoria storia di Attilio la Melandri percorre la storia del nostro paese soffermandosi su una parte poco indagata degli anni bui della guerra e successiva occupazione dell’Etiopia da parte dell’Italia fascista, portandoci dentro le ragioni di un razzismo che ha trucidato migliaia di uomini e violentato altrettante donne con l’alibi di portare civiltà e pace, senza che i fascisti responsabili abbiano subito come i nazisti un equivalente processo di Norimberga che ne condannasse i crimini. L’idea ingiustificata di “italiani brava gente” risulta irrimediabilmente sconfitta da questo libro intenso e amaro che racconta con spietatezza il nostro passato coloniale, portando avanti la storia familiare inventata e la storia nazionale reale in un connubio perfetto in grado di farci riflettere anche sulla nostra contemporaneità riguardo all’immigrazione e al nuovo razzismo dilagante nel nostro paese.

In Questa sera è già domani, inserito nella cinquina finalista,Lia Levi si ispira alla storia del marito, di famiglia ebrea, il cui alter ego è il protagonista Alessandro, figlio unico di Marc, un tagliatore di diamanti nato in Belgio ma con passaporto inglese, che si ritrova nel cuore della persecuzione antiebraica. La famiglia dibatte a lungo se rifugiarsi o no all’estero, la madre vi si oppone convinta che le leggi razziali possano essere abolite e che ci sia ancora una possibilità di normalizzazione, fino a che il padre viene prima espulso e poi mandato al confino. A quel punto diventa per Alessandro obbligatoria una fuga durante la quale avrà modo di vedere con occhi da adulto l’orrore che lo circonda. La narrazione particolarmente avvincente e ricca di suspense, la dettagliata ricostruzione di ambienti e vicende ha sedotto i giovani lettori della giuria che ne hanno decretato il successo.

 

In Resto qui di Marco Balzano, entrato nella rosa dei cinque finalisti,la storia narrata occupa un arco che va dagli anni dell’ascesa del fascismo agli anni sessanta. Siamo nel Sud Tirolo, a Curon, un piccolo paese al confine tra Svizzera e Austria dove vive e insegna Trina, la voce narrante che con appassionato dolore racconta le molte lacerazioni della sua vita personale e della sua gente, a cominciare dall’imposizione dell’italiano come unica lingua da parte di Mussolini alla scelta di insegnare tedesco ai bambini clandestinamente, dal figlio che si arruola nell’esercito hitleriano alla figlia che viene portata via in Germania dagli zii cui l’ha affidata per proteggerla e che è il tu disperante al quale la sua narrazione si rivolge, dalla fuga con suo marito Erich divenuto disertore alla costruzione della diga voluta dalla Montecatini che distrugge il loro paese inondandolo, senza per altro produrre energia sufficiente alla comunità. Trina cerca la pace ma non la trova in un mondo dove la sopraffazione del più forte sul più debole è legge e la voce degli umili non ha ascolto.

La scrittura di Balzano è essenziale, ci immerge nel vortice dei sentimenti personali e nella storia collettiva che schiaccia tutti, rende credibili personaggi e situazioni, ha il sapore di una verità dissepolta con fatica e amore, ci parla del potere arrogante e inesorabile massacratore dei sogni e delle speranze di tutti, della politica ipocrita e corrotta in un libro che insegna senza didascalismi e commuove senza compiacimenti.

 

Nell’articolo successivo dedicato allo Strega parleremo degli altri romanzi finalisti citati.

 

(continua)

 

 

Grazia Fresu

Docente di letteratura italiana nell'università Nazionale di Cuyo a Mendoza (Argentina), scrittrice, drammaturga, poetessa, ha pubblicato libri di poesia, collaborato a diverse antologie collettive, organizzato eventi di narrazione e teatro con testi suoi e di altri. I suoi saggi letterari e di costume e le sue conferenze presentate in università, congressi, biblioteche, musei d'arte sono stati pubblicati negli atti dei congressi cui ha partecipato e in riviste specializzate sia in italia che in Argentina. Collabora con la rivista online L'Ideale.

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