Categorie: Culture

“Wonder Wheel”

Sullo sfondo di una Coney Island del 1950, allegra, colorata e festosa, si intrecciano inesorabilmente le vite di quattro personaggi alle prese con la propria vita, fatta di illusioni e fallimenti: una superba Kate Winslet interpreta Ginny, cameriera di un ristorante che si chiama “il re della vongola”; suo marito Humpty, dedito all’alcool che lo fa diventare violento, è Jim Belushi; la figlia di lui, Carolina, che riappare all’improvviso in fuga da un matrimonio con un gangster, è Juno Temple, e con piacevole sorpresa Justin Timberlake si rivelagenuino nell’interpretare un bagnino seduttore e aspirante drammaturgo. A fare da panorama alle vicende dei protagonisti è un grande parcogiochi situato proprio vicino alla costa e dominato dalla ruota panoramica, detta appunto “wonder wheel”.

Quella narrata da Woody Allen è una storia ruvida e malinconica, in cui quattro vite si affannano a dover fare i conti con il proprio passato e con la cruda realtà, non più sdrammatizzata dal solito umorismo grottesco che contraddistingue il regista, ma guardata con occhi in cui non vi si ritrova più alcuna consolazione. A mancare sono proprio l’amore, la magia e la speranza di una condizione migliore, sovrastati da forti sentimenti di rabbia e gelosia incondizionata, raccontata con grande pathos teatrale. In effetti, si tratta quasi di teatro, come per la scelta scenografica di ridurre il set a poche ambientazioni, per lo più l’appartamento di Ginny e Humpty, intorno al quale ruotano gran parte degli avventimenti e dei dialoghi, e il monologo finale della Winslet, appunto in abiti teatrali.

Le calde luci e suoni vivaci di Coney Island, celano, in effetti, un panorama desolante e disilluso, in cui i protagonisti si ritrovano dinanzi alla “Giostra della vita”, a doversi districare tra libera scelta e destino come fatalità, a dover affrontare l’espiazione delle proprie colpe e a confrontarsi con il peso delle scelte compiute in passato. Risulta chiaro che, con “La ruota delle meraviglie”, Woody Allen, sempre più essenziale e cristallino, voglia raccontarci, attraverso le storie di personaggi che nella vita hanno dato e perso molto, di come bisogna imparare a convivere con le proprie piccole tragedie e aggrapparsi a quel poco che si ha, senza sfociare in un mare di illusioni in cui non c’è bagnino che possa salvarci.

Marina Bellucci

Studentessa di Lettere Moderne alla Università degli studi di Napoli Federico II. Diplomata al Liceo Classico Jacopo Sannazaro di Napoli. Studia recitazione alla ricerca di una propria strada. Anima in eterno contrasto tra equilibrio e caos, caratterizzata da una forte passione per il teatro, il cinema, la letteratura, l'arte, la scrittura e la poesia.

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