Categorie: Caleidoscopio

Interviste impossibili: oggi ci è venuto a trovare il fantasma di Luigi Tenco

Oggi ci è venuto a trovare il fantasma del tenebroso cantautore genovese che si tolse la vita dopo essere stato eliminato al Festival di Sanremo del 1967: Luigi Tenco. Era nato a Cassine (AL) nel 1938. Il suo esordio discografico avvenne nel 1959 (quando nasce chi scrive) con la pubblicazione contemporanea di due singoli: Mai e Mi chiedi solo amore. Figura carismatica di un gruppo di cantautori (Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi, Sergio Endrigo e Fabrizio De André) della cosiddetta “scuola genovese”, nei confronti dei quali si distingueva per una simpatia verso la filosofia anarchica (con De André e Paoli) ma anche perché era l’unico che scrivesse anche ballate di carattere sociale, alla Bob Dylan (De André cantava canzoni d’amore, le sue ballate vengono dopo). Che sia stato il capostipite della scuola genovese di cantautori, lo si evince dal fatto che alcuni componenti del gruppo attingevano dalle sue canzoni. Addirittura Fabrizio De André fece sue alcune canzoni di Tenco, giustificandosi con l’amico che gli servivano per “cuccare” con le ragazze. Tenco, invece di arrabbiarsi, come avrebbero fatto in tanti, diede il suo placet. Questo era Tenco: un uomo di ampia cultura che amava la vita, che aveva capito prima di altri come si stesse al mondo: unica debolezza furono le donne.

Molti cantanti e autori di oggi farebbero carte false pur di vedere il loro nome osannato dal pubblico e dai mass-media. Cosa ne pensa?

Che bisognerebbe pensare di fare qualcosa di buono, anche in anonimato. Anzi, forse in anonimato si potrebbe essere immuni dalle devianze della scena dello spettacolo.

Oggi i politici pensano prima a guadagnare soldi. Qual è la sua posizione politica?

Ho fatto parte di un partito politico inviso alle alte sfere del potere prima che divenisse indispensabile per la coalizione di governo. Non ho mai nascosto di aver fatto parte della direzione del P.S.I. con incarichi di una certa responsabilità. E per questo la mia passione per la musica non poteva assumere ufficialmente aspetto professionale. Non riuscivo ad immaginare un socialista in preda al delirio del successo, del denaro che il mondo dello spettacolo può darti. Forse è il mio destino essere fuori della realtà, ma fuori della realtà si vedono le cose con maggiore prospettiva, si ha il tempo di decidere il proprio destino, e il mio destino è andare controcorrente.

Ho letto da qualche parte che le fu affidato un messaggio da parte di Aldo Moro da portare ai militari argentini che si accingevano a rovesciando il presidente Illia, che il nostro Paese avrebbe fornito la tecnologia, armi, e i soldi affinché il colpo di stato andasse a buon fine.

No comment!

Ne sono state dette tante sulla sua morte, che non fu un suicidio ma un assassinio: essendo lei depositario di un segreto di stato, il cosiddetto “Procedimento Gladio”, qualcuno volle metterla a tacere per sempre per timore che un giorno l’avrebbe reso pubblico. Qual è la verità sulla sua morte?

No comment!

No comment! No comment! Cosa possono farle? Lei è morto!
I morti fanno più paura dei vivi!
Allora parliamo di cose più “leggere”. La mia idea è che lei abbia vissuto più di una vita e compreso tutto troppo in fretta. In una sua canzone si è occupato anche del ruolo della donna, ma qual era il suo rapporto con le donne?
Con le donne ho avuto rapporti piuttosto difficili, nel senso che devo cambiare spesso ragazza. Un paio di volte mi sono anche innamorato di una donna molto intelligente, che mi ha insegnato parecchie cose. Ma quando ho imparato tutto quel che poteva insegnarmi, è finita. Le donne sono per me come una droga, ma riesco facilmente a disintossicarmi.
Lei che ha amato tante donne, perché non si è mai sposato?
Perché sono contro il divorzio. Lo considero una faccenda ipocrita da gente senza spina dorsale. Il matrimonio è un contratto indissolubile, per la vita, o è inutile che ci sia. È nato così il matrimonio: dall’esigenza dell’uomo di crearsi un nucleo sociale tutto suo, la famiglia. E un nucleo non è lecito scioglierlo.
Lo vada a dire alle coppie di oggi che hanno il divorzio facile!
La vita sociale di oggi è aperta, ha superato i nuclei. L’uomo non si sente più solo, anzi ha paura di restare solo, isolato, col suo nucleo. Se uno se la sente di affrontare la vita in questo modo, si sposi pure, ma bisogna poi che resti coerente con se stesso e che non pianti la donna perché ne trova un’altra che gli sembra meglio. Io non me la sento, perciò evito di sposarmi. Non riesco a pensare ad un matrimonio, inteso come un mezzo per mettere su un piano legale certe cose che si fanno tra un uomo e una donna.
Cosa pensa dell’amore?
Sull’amore ho le mie idee. Un grande amore non l’ho trovato e non venitemi a dire che uno non sa quando lo trova. Ma se in quell’amore uno finisce per rinchiudersi con tutti i problemi che lo dilaniano, allora finisce per diventare uno schizofrenico che vive staccato dalla realtà, in un mondo suo, artificiale. E io ho l’orrore dell’artificiosità.
Lei ha dato molto alla musica, alla canzone italiana, ma quanto ha ricevuto dal pubblico? È forse questo il motivo del suo suicidio, l’incomprensione del pubblico?
Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno.
Prima che scompaia ci viene a trovare Lia Aurioso, amica e donna intelligente e preparata. È stata lei a darmi l’idea di conversare col fantasma di Tenco. Voleva fargli delle domande, ma ormai è andato via.
Giorgio Moio

Poeta, nasce a Quarto (NA) nel 1959. Già redattore di «Altri Termini» e «Oltranza» (di quest'ultima è anche tra i fondatori), per le Edizioni Riccardi, già direttore editoriale, nel '98, anno in cui inizia a partecipare a mostre collettive di poesia visuale (una sessantina fino ad oggi) fonda e dirige la rivista «Risvolti». Dal 2017 dirige la rivista «Frequenze Poetiche» e dal 2021 cura la collana di poesia verbovisuale "Contrappunti", presso l'editore Bertoni. Ha organizzato eventi, partecipato a letture di poesia e ad una sessantina di mostre collettive di poesia visuale. Ha pubblicato una ventina di volumi di poesia, prosa e saggistica, di cui l'ultimo è Contrappunti variabili (Bertoni Editore, 2020 - poesia).

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Giorgio Moio

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