Un libro unico nel suo genere, in cui l’autore, con passione e trasporto, racconta la storia vera di un popolo fuori dal mondo, che ignorava la scrittura, il danaro e le leggi…
L’addio a Saint-Kilda di Éric Bulliard (edito da 21lettere) è un romanzo che definire pazzesco è dire poco, e non è un caso che abbia vinto i premi letterari Edouard Rod (2017), SPG (2018) e quello della Fondazione Régis de Courten (2019). La storia raccontata da Éric Bulliard è straordinaria, resa in uno stile accattivante e svelto che mantiene il lettore incollato alle pagine fino alla fine.
Siamo a Saint-Kilda, un arcipelago scozzese dimenticato dal mondo. Fino al 1930 l’isola era abitata da un piccolo gruppo di persone che, forse, non aveva mai superato i 150 individui. La fame e le malattie iniziarono a decimare la piccola comunità arrivata ormai a trentasei individui che, nel 1930, chiesero di essere evacuati nella vicina Scozia.
L’addio a Saint-Kilda nasce dopo un viaggio di piacere dello scrittore nell’isola di Skype, intrapreso con la moglie Angelica. Per caso, Éric Bulliard venne a conoscenza della storia incredibile di questa comunità e iniziò a documentarsi. Le vicende straordinarie dei suoi abitanti lo catturarono a tal punto che sentì la necessità di raccontarla al mondo nella sua bellezza ma anche nella sua sofferenza.
Ciò che cattura fin dall’inizio il lettore è il linguaggio e la delicatezza con cui lo scrittore affronta alcuni momenti drammatici della vita di questa gente fuori dal mondo. Con profonda empatia lo scrittore racconta eventi tragici della comunità sempre alla ricerca di cibo per garantire la sopravvivenza dell’intera comunità ma anche momenti belli e spensierati in cui si avverte forte il senso della comunità e della solidarietà.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Éric Bulliard, che ci ha raccontato alcuni dettagli sulla genesi del romanzo e quale insegnamento si è portato a casa da questa esperienza unica.
Abbiamo fatto un primo viaggio in Scozia, con mia moglie, nel 2012. Durante questo semplice viaggio turistico, abbiamo visitato un castello su l’isola di Skye, dovè c’era una mostra di fotografie antiche, in bianconero. Erano ritratti gli abitanti di Saint-Kilda. Prima, non avevo mai sentito parlare di questo archipelago e sono rimasto colpito da questi visi, da questi sguardi. Dopo di che, mi sono appassionato alla storia di Saint-Kilda e ho cercato tutte le informazioni che potevo. Non ho trovato quasi niente in francese, ma ci sono molti libri in inglese e ne ho letto alcuni. E più leggevo, più la storia di Saint-Kilda e dei suoi abitanti mi sembreva straordinaria.
E difficile sapere perché i lettori apprezzano un libro. Posso solo dire che è stato molto emozionante avere reazioni simpatiche da persone che non conoscevo. Credo che la vita su quest’ isola, fuori dal mondo, tanto lontana dalla nostra società, può essere affascinante per tutti. L’utopia di una società senza gerarchia, senza legge, senza soldi… Certi lettori mi hanno detto che nelle pagine del libro, si sente l’umidità, si sente la torba, si sente il sale del mare. Questo mi ha toccato molto perché è quello che ho provato a trasmettere con la mia scrittura.
Tutta questa gente mi tocca. Il loro modo di vita, la loro dignità… Hanno vissuto in un ambiente molto difficile, molto rigido, e l’hanno affrontato con coraggio, senza lamentarsi. Pero, e può sembrare un paradosso, devo dire che mi sono legato à Gillies il californiano, l’uomo che se n’è andato, per vedere l’Australia e cercare oro. E’ paradossale, perché sono affascinato dagli abitanti che hanno vissuto isolati, fuori dal mondo e nello stesso tempo, mi sono legato a quello che gli assimiglia di meno…
Non so dire… Credo che il senso di comunità della società di Saint-Kilda potrebbe essere un valore da riscoprire, certo. Ma è importante anche senza il Covid… Pero, non si deve dimenticare che loro hanno vissuto cosi perché non avevano altra scelta. Ed è strano pensare che riscopriamo questo valore anche quando siamo forzati…
Una cosa mi pare carta : su Saint-Kilda, c’era una solidarietà totale fra generazioni, fra giovani e anziani. E questo, forse, l’abbiamo riscoperto un pò durante questa crisi, almeno qui, in Svizzera, perche mi sembra che in Italia, questa solidarietà è più presente, anche in tempi normali, cioè prima del Covid.
Si, ci siamo andati, con mia moglie (che si chiama davvero Angelica), nel 2014. Tutti i capitoli che raccontano il viaggio sù Saint-Kilda sono vicini alla realtà. Sono una sorta di reportage giornalistico : la pioggia, la gente che ci accompagna, la nebbia, le case, la scuola… Tutto questo, l’abbiamo visto e sentito.
Quando siamo andati lì, non pensavo ancora di scrivere un libro. Volevo visitare Saint-Kilda, perché ero affascinato della storia di questa isola, ma è solo dopo il viaggio ch’è nata l’idea di scrivere un libro. Parlavo sempre di queste isole con miei amici è una di loro mi ha detto, un giorno : «Dovresti scrivere un libro…»
Si, l’importanza della solidarietà è una delle lezioni. Ritengo pure l’idea di una vita più semplice, perché viviamo tempi pazzi, con lo stress, il consumismo sfrenato, i-phone, wi-fi, Facebook, etc. E con questa gente di Saint-Kilda, ci siamo confrontati ad altri valori, più umani : lì, tutto era legato ai rapporti umani. Poi, c’è anche un legame che possiamo fare tra li abitanti di Saint Kilda che hanno dovuto andare via dell’isola, per forza, è la tragedia dei migranti che vediamo tutti giorni. Non ho voluto insistere su questo argomento, ma l’idea, forse, si trova di sottofondo : non è mai facile lasciare il proprio paese, non lasciamo mai la nostra terra solo per piacere.
Attualmente sto scrivendo un nuovo romanzo, anche questo basato su una storia vera. Ma si svolge in un’ atmosfera completamente diversa, in un altro paese : niente Scozia, niente pioggia, niente nebbia… Provo ancora une volta a mischiare storia vera e finzione. Non mi sento a mio agio nella narrativa pura : non mi sento capace di immaginare totalmente una storia, con avventure completamente inventate. Un giorno, forse.
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